L’altro ieri in Nuova Zelanda si sono spiaggiate 65 balene. Due giorni prima era successo a 23 capodogli e due balenottere dal rostro, in Tasmania. E’ strano che i giornali evitino di puntare il dito contro le esercitazioni delle varie marine militari, che usano i sonar per individuare sommergibili nemici. Anzi no, non è strano per niente, poiché quando si è verificata la moria di pesci e uccelli in varie parti del mondo, tra cui anche l’Italia, è stato detto che i merli dalle ali rosse erano morti a causa dei fuochi d’artificio di capodanno, mentre le tortore morte in gran numero in provincia di Ravenna sarebbero decedute dopo aver mangiato granaglie sparse a terra in un deposito di cereali. Dei pesci non è stata fornita una spiegazione precisa, ché tanto di morie di pesci ormai ce ne sono in continuazione.
Probabilmente, a giustificare con tanta arguzia la morte dei merli americani sono gli stessi intelligentoni che spiegavano come i cerchi nel grano fossero dovuti ai ricci in amore.
Nel caso delle balene che vanno a morire sulle spiagge si sente spesso dire che il basso fondale disorienterebbe il loro apparato sonar, oppure che, essendo strettamente gregarie, se il loro capobranco dovesse commettere un errore dirigendosi verso la costa anziché restare in alto mare, tutti gli altri membri del gruppo lo seguirebbero. E questo potrebbe spiegare perché, se alcune di loro vengono trainate in mare aperto, spesso ritornano sulla spiaggia: lo fanno perché il loro capobranco le ha condotte lì e non vogliono separarsi da lui. Per i soccorritori, oltre alle difficoltà legate all’enorme peso da spostare, ci sarebbe anche quella di individuare l’individuo alfa, cosa che è praticamente impossibile anche per gli esperti.
Vedendo come le balene trainate in mare aperto si ostinano a ritornare sulla spiaggia, per raggiungere le altre ormai morte, alcuni hanno ipotizzato trattarsi di un caso di suicidio da parte di mammiferi evoluti come i cetacei. Se si trattasse veramente di suicidio, il primato dell’uomo che cerca di trovare mille differenze per dichiararsi superiore agli altri animali verrebbe insidiato, ma io non credo che nel caso dei cetacei spiaggiati si tratti di morte volontaria. Penso che invece qualcosa non funzioni nel loro cervello, al punto da annullare perfino l’istinto di conservazione. Pertanto, c’è da chiedersi cosa le fa impazzire fino a questo punto.
D’altra parte, fino a non molto tempo fa si parlava del suicidio dei lemming, in Norvegia, ovvero di quel fenomeno che si verifica ogni cinque anni e che porta nove lemming su dieci a migrare tutti nella stessa direzione, attraversando strade, campi e fiordi per buttarsi alla fine in mare e morire annegati. Quelli che non sono finiti prima sotto le macchine o non sono stati predati da volpi, lupi e civette delle nevi, ovviamente. Nel caso dei lemming – si è alla fine scoperto – si tratta di una migrazione suicida volta a riequilibrare in maniera drastica il numero dei membri della specie, prolifica come tutti i roditori.
Con le balene e i globicefali, questa spiegazione non regge, dato che i cetacei sono tutt’altro che prolifici e numerosi.
Continuare ad insistere dicendo che le acque basse disorientano i loro sistemi di orientamento, che seguono fino alla morte il loro capobranco o gettare la spugna ammettendo che gli scienziati brancolano nel buio sulle cause degli spiaggiamenti, significa distogliere l’attenzione dai veri responsabili. E questo è un comportamento ben conosciuto dai “complottisti” e che va sotto il nome di gatekeeper.
E’ talmente ovvio che c’è qualcuno che sta nascondendo la verità e non si assume le proprie responsabilità! Con l’aiuto di molti mass-media. Basti pensare che le balene vivono nei mari da milioni d’anni, non hanno mai avuto problemi di questo genere prima dell’invenzione del sonar e l’omertà delle forze armate nei confronti del proprio operato, condotto con la scusa della difesa dai nemici, è il paravento dietro cui si nascondono tutte le volte che le loro attività hanno ricadute spiacevoli sull’ambiente e sui cittadini.
Solo a distanza di molti anni, quando tutti gli interessati sono deceduti o non più in grado di fare causa in tribunale, si viene a sapere che l’esercito aveva condotto esperimenti sulla popolazione, mediante l’inoculazione di vaccini o l’aspersione di bacilli e altre sostanze da testare per usi bellici.
Gli americani lo hanno fatto in Guatemala, ma gli inglesi lo hanno fatto sulla loro stessa gente, a dimostrazione del fatto che nella logica militare la messa a punto di nuovi armamenti può passare benissimo sulla pelle dei propri concittadini. Anzi, esercito e polizia hanno per principio due nemici istituzionali: l’esterno e l’interno. Quando il primo latita, gli sforzi bellici s’indirizzano giocoforza sul secondo.
In quest’ottica, la periodica morte di balene e globicefali, nonché quella di uccelli e pesci, rientra nella classificazione dei danni collaterali. In questo senso non possiamo neanche dire che i militari siano più….cattivi dei civili, perché i militari, se è vero che spesso seguono logiche diverse dalla nostra, sono in fin dei conti esseri umani come tutti gli altri. E se per un contadino è prioritario distruggere le talpe del suo orto o le nutrie che gli devastano gli argini del canale, per un generale è prioritario individuare il sommergibile sovietico sotto costa, che non evitare di far impazzire i capodogli. Se dunque vogliamo che i militari si umanizzino, qualsiasi cosa voglia dire questo termine, e non vogliamo più che le balene si spiaggino, è prima di tutto importante che noi “contadini” impariamo a lasciare in pace talpe e nutrie, altrimenti chiediamo che siano gli altri a mettere in pratica quei comportamenti di rispetto che noi non vogliamo o non sappiamo mettere in pratica nel nostro piccolo.
Ma attenzione, perché qui non si tratta solo della morte di talpe, nutrie o balene, giacché noi, non essendo né talpe, né nutrie, né balene, potremmo anche far finta di niente e disinteressarci della faccenda. Qui si tratta delle nostre stesse vite, messe a rischio quotidianamente con le scie chimiche. La mentalità è la stessa: il contadino irrora veleni nell’orto per uccidere le talpe; l’amministrazione comunale dissemina la città di esche anticoagulanti per uccidere i ratti e i vertici militari irrorano sali di bario e alluminio (tacendo di tutto il resto), per rendere l’atmosfera più conduttiva sul piano elettromagnetico.
La priorità del contadino, dell’assessore all’ambiente e del capo di stato maggiore è quella che si sono prefissi con la loro agenda e non si preoccupano degli effetti collaterali. Lo stesso discorso si potrebbe estendere ad altri settori della società. Per esempio, ai fabbricanti di farmaci il cui scopo primario è quello di arricchire, senza preoccuparsi del fatto che la ricerca con modelli animali è fuorviante e che i farmaci immessi sul mercato sono pericolosi o, nel migliore dei casi, inefficaci. Ognuno mira al proprio interesse e ciascuno tira l’acqua al suo mulino. Ne consegue che se vogliamo che le scie chimiche cessino e che le industrie farmaceutiche non inondino il mercato con sempre nuovi veleni, in virtù dell’antico principio secondo cui se si vuole cambiare il mondo bisogna prima cambiare se stessi, è necessario che ciascuno di noi s’interroghi su quali cambiamenti si possono apportare nella nostra vita, in vista di un accresciuto rispetto per gli animali. Che condurrà obbligatoriamente ad un ulteriore rispetto verso gli uomini.
Se fino a poco tempo fa ci arrampicavamo sugli specchi nel cercare di trovare una spiegazione alle scie chimiche, e finivamo anche per spiegarle con la pura e semplice cattiveria degli Illuminati, oggi sappiamo che esiste un’arma altamente sofisticata, che si avvale di satelliti e che permette di condurre battaglie a distanza, come se si trattasse di un videogioco. Basta un clic su un mouse e un razzo colpirà una grotta in Afghanistan a migliaia di chilometri di distanza da dove si trova l’operatore.
Questo tipo di armamenti già esiste, si chiama VTRPE (Variable Terrain Radio Parabolic Equation), ma è in fase di definitiva messa a punto. Si è visto infatti che la precisione dei sistemi di puntamento viene messa in crisi dall’umidità atmosferica. Affinché la mira sia precisa, c’è bisogno di eliminare l’umidità dell’aria, altrimenti i radar che fungono da sistema di puntamento potrebbero sbagliare il target di qualche centinaio di metri.
Come si fa ad eliminare l’umidità atmosferica? Niente di più facile: mediante il cloud seeding, l’inseminazione delle nubi. E’ così che sono nate le scie chimiche, alla fine degli anni Ottanta, quando ancora Ronald Reagan era presidente degli Stati Uniti. Da quell’epoca non hanno mai smesso e anzi hanno esteso le irrorazioni a tutti i paesi occidentali. In questo caso, come nessun pilota, né comandante di vario livello nella scala gerarchica, si preoccupa dell’impatto di tali irrorazioni sulla salute degli abitanti, così l’ultima delle preoccupazioni degli ammiragli che usano i sonar in alto mare, è se le balene siano in grado o meno di sopportare il frastuono dovuto agli ultrasuoni.
Non è un semplice fastidio, ma un vero e proprio tormento ed è già stato verificato che durante le manovre militari con uso del sonar i cetacei si allontanano dalla sorgente del rumore come farebbe chiunque si allontani da una sirena o da una discoteca. E’ una questione di decibel e ogni specie ha un limite oltre il quale il suono diventa dolore e causa lesioni ai timpani.
Sarebbe interessante se qualche veterinario facesse autopsie ai cetacei spiaggiati per verificare la presenza di lesioni nell’apparato uditivo, ma immagino che le pressioni che riceverebbe per non farle o per non divulgarne i risultati sarebbero notevoli. E, ancora meglio, sarebbe corretto che le autorità militari ammettessero le loro colpe e dicessero chiaramente che ai sonar non intendono rinunciare, ma non succederà mai perché l’orgoglio e l’arroganza sono insiti nella mentalità del guerriero, antico o moderno che sia.
Come ha spiegato di recente Massimo Mazzucco, e come stanno spiegando da anni i fratelli Marcianò, ormai la tesi che si tratti di scie di condensa anziché di scie chimiche, non è più sostenibile e verrà il giorno in cui i militari dovranno ammettere che si tratta di una loro operazione segreta. Segreta finché non decideranno che la gente sarà in grado di accettare la verità, senza ribellarsi all’autorità costituita. Così, verrà il giorno in cui non ci saranno più dubbi sulla causa di morte delle balene spiaggiate, perché i militari lo ammetteranno tranquillamente. Resta da vedere se, considerando anche la caccia condotta dal Giappone, quando verrà quel giorno, ci saranno ancora balene nei mari.
Roberto Duria
fonte: stampalibera
Links pertinenti:
http://www.ilgazzettino.it/articolo.php?id=170134&sez=MONDO
http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/1028109/nuova-zelanda-morte-di-massa-per-65-balene.shtml
http://attualita.tuttogratis.it/animali/balene-spiaggiate-in-tasmania-un-mistero-irrisolto/P123605/
http://indigo.splinder.com/archive/2005-01
http://punto-informatico.it/2475111/PI/News/us-navy-noi-contiamo-piu-dei-mammiferi-natanti.aspx
http://punto-informatico.it/2475111/PI/News/us-navy-noi-contiamo-piu-dei-mammiferi-natanti.aspx
http://www.appuntidigitali.it/3677/il-sonar-militare-rende-sordi-i-delfini/
http://www.ditadifulmine.com/2011/03/balene-spaventate-dai-sonar-militari.html
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