« Ogni giorno di più mi convinco che lo sperpero della nostra esistenza risiede nell'amore che non abbiamo donato. L'amore che doniamo è la sola ricchezza che conserveremo per l'eternità »

GUSTAVO ADOLFO ROL



martedì 1 marzo 2011

LE RIVOLTE IN EGITTO E TUNISIA ORDITE DAI ROTHSCHILD PER ELIMINARE LE BANCHE ISLAMICHE DAGLI EMERGENTI MERCATI NORD AFRICANI

FONTE: PUPPET99:COM

Contesto: La Tunisia ha vissuto una progressiva liberalizzazione economica durante l’ultimo decennio. Nel Global Competitiveness Report del World Economic Forum 2010-2011, la Tunisia è stata catalogata come paese africano più competitivo, e a livello mondiale si trova al trentaduesimo posto tra i paesi più competitivi. L’enorme popolazione musulmana del Nord Africa è un’opportunità per gli affari delle banche islamiche e per altre imprese.

Contrariamente alla credenza popolare, le finanze mondiali sono controllate da “banche centrali” possedute da privati, mascherate da banche del governo federale in quasi tutti i paesi del mondo [La Corte d’Appello degli Stati Uniti d’America ha sentenziato che la Federal Reserve (Banca Centrale degli Stati Uniti) è privata, nel 680 F.2d 1239, LEWIS v. STATI UNITI D’AMERICA, n. 80-5905].





Jacob Rothschild, membro senior della parte britannica della dinastia dei Rothschild


Pur essendo un segreto ben custodito, i Rothschild e i loro soci possiedono la maggioranza delle azioni delle banche centrali ( I Direttori della Federal Reserve: Uno Studio dell’influenza corporativa e bancaria , Committee on Banking, Currency and Housing, House of Representatives, 1976, Charts 1-5) (Mullins, Eustice Secrets of the Federal Reserve 1983). Con un minimo input governativo, le economie di Tunisia, Egitto, Yemen, Giordania e Algeria sono rigidamente controllate dalle banche centrali dei Rothschild e dal loro Fondo Monetario Internazionale.

Il movente: seguire i soldi

Le banche islamiche hanno rosicchiato i profitti dei Rothschild nel Medioriente perché non esigono gli interessi (legge della Sharia), perché crescono velocemente tra le agitate popolazioni musulmane e (in particolar modo durante questa catastrofe economica) perché sono più stabili delle banche occidentali.

Se da una parte è positivo che queste popolazioni si liberino dalla tirannia dei dittatori, dall’altra hanno bisogno di liberarsi dalla tirannia del controllo economico e dall’asservimento. La domanda morale pertinente in questo caso è: può il fine giustificare i mezzi?


El Materi, genero di Ben Ali all’apertura della sua Zitouna Bank, la prima banca islamica, a maggio dell’anno scorso




Il genero del deposto presidente tunisino Ben Ali, Sakher El Materi, il 26 maggio del 2010 ha inaugurato la prima banca islamica, la Zitouna Bank. La prima banca islamica del Maghreb. La banca è stato il primo passo del programma di vaste riforme di Ben Ali: “Tunisia, un polo di servizi bancari e centro finanziario regionale”, che avrebbe dovuto minare il potere e i profitti della Banca Centrale della Tunisia (di proprietà dei Rotschild e soci). Il Porto finanziario di Tunisi è stato inaugurato lo scorso 19 ottobre. È il primo centro finanziario offshore del nord Africa.

Il Telegraph ha annunciato lo scorso 19 ottobre l’apertura del megaprogetto del porto finanziario di Tunisi, ovvero il tentativo del presidente Ben Ali di trasformare la Tunisia nel centro finanziario regionale del nord Africa e oltre: “La banca d’investimento islamica Gulf Finance House (GFH) e il governo tunisino hanno creato il primo centro finanziario offshore del nord Africa. Il centro farà parte del porto finanziario di Tunisi, uno stabilimento dislocato sul mare del valore di 3 miliardi di dollari situato a Tunisi... GFH, la cui base è nel Bahrain, spera che il centro possa dare alla Tunisia il vantaggio offertole dalla sua posizione strategica nel mar Mediterraneo e che funga da ponte tra l’Unione europea e le economie del Nord Africa e dell’Africa subsahariana, in veloce crescita.”

“Comunque, nonostante il difficile clima del momento, il potenziale della banca islamica in Egitto è immenso e c'è da aspettarsi ulteriori mosse da parte della Abu Dhabi Islamic Bank in Egitto, possibilmente sotto forma di acquisizione” secondo l’Executive Magazine dell’8 febbraio scorso, che continua:“un recente rapporto del Middle East Business Intelligence ha colto nel segno nel dire che ‘se la banca islamica di Abu Dhabi avrà successo offrendo prodotti islamici, l’intero mercato verrà aperto. Abbiamo già visto alcune banche locali iniziare la promozione dei loro prodotti islamici in vista dell’imminente competizione per accaparrarsi i clienti”

“È chiaro che le banche islamiche nel golfo stanno già anticipando il giorno della saturazione dei loro mercati. E sembra che l’Egitto sarà in prima linea nello sviluppo della finanza e banca islamica”.

“I paesi africani come Algeria, Egitto, Libia, Marocco, Tunisia e Sudan sono già entusiasti dei futuri sukuk ( emissione di obbligazioni islamiche). Il Gambia ha esordito con un affare per 166 milioni di dollari di sukuk, venduti ai privati negli Stati Uniti nel 2006”. [International Finance Review (Reuters), 2008]

L’articolo “Islamic banking rises on oil wealth, drawing non-Muslims” pubblicato sul New York Times il 22 novembre 2007 riferiva: ‘La nascente ricchezza petrolifera sta portando il sistema bancario islamico, che aderisce alle leggi del Corano e alla sua proibizione di applicare interessi, verso il mainstream finanziario...Oltre al prestito islamico, ci sono i buoni islamici, le carte di credito islamiche...Prestiti e buoni conformi al Corano sono già disponibili negli Stati Uniti...’

“Questa è un’impresa che si sta trasformando da impresa di nicchia a impresa pienamente globale”, ha sostenuto Khawaja Mohammad Salman Younis, amministratore delegato in Malesia per la Kuwait Finance House, la seconda banca islamica più grande al mondo. “Nel giro di tre-cinque anni vedremo nascere banche islamiche in Australia, Cina, Giappone e in altre parti del mondo”.

“Nel sistema bancario islamico il finanziatore deve dividire i rischi con il beneficiario e quindi il correntista è trattato piuttosto come azionista e guadagna una parte degli introiti. Le offerte finanziarie assomigliano a leasing con diritto di riscatto, piani di accantonamento, contratti di compravendita in comune, o a vere partnership.

“La corsa verso la finanza islamica è soprattutto un tentativo di controllare un flusso di denaro stimato in 1,5 migliaia di miliardi di dollari in fondi del Medioriente, derivanti in maggior parte da più elevati prezzi del petrolio...Questi investimenti hanno ravvivato l’economia attraverso il mondo musulmano e allo stesso tempo hanno accresciuto il conservatorismo religioso dei 1.6 miliardi fedeli all’Islam. Il risultato è una domanda in espansione di servizi finanziari aderenti alla legge islamica...

“E mentre le più grandi banche islamiche si trovano nei ricchi stati del Golfo, i mercati potenziali più interessanti sono in Turchia e nel nord Africa (enfasi aggiunta) e tra i musulmani europei...

“...anche i non musulmani stanno godendo dei rendite competitive offerte dalla vasta gamma di prodotti islamici. Per esempio, David Ong-Yeoh, un manager di pubbliche relazioni stanco di deplorare il crescente tasso d’interesse sul suo mutuo a tasso variabile, lo ha rinegoziato ad un tasso fisso trentennale con un istituto finanziario islamico. Ora paga rate regolari che includono un margine di profitto prestabilito per la banca.

“ ‘I termini sono più convenienti rispetto ai prestiti convenzionali’, ha dichiarato Ong-Yeoh, di 41 anni.

“La finanza islamica evita anche altre pratiche proibite..I banchieri che osservano la Shariah non possono ricevere o fornire fondi che abbiano a che fare con alcol, gioco, pornografia, tabacco, armi o maiali. I sostenitori delle banche islamiche dicono che questi sono limiti che un investitore con coscienza sociale può sostenere, musulmano o no. Un altro fattore d’interesse consiste nella proibizione degli interessi, che proviene dalla proibizione dell’usura da parte del Corano.

“È una visione che ha una lunga tradizione storica e religiosa. Gli interessi sono ripetutamente condannati nella Bibbia. Aristotele li denunciò, i romani li limitarono, e la prima chiesa cristiana li proibiva..

“L’idea che tutte le spese legate agli interessi siano ingiuste è ora alla base della finanza islamica...L’accumulo di denaro non è ben visto nel Corano, così i risparmi non producono profitto a meno che vengano usati per qualcosa di produttivo.

“ ‘Il denaro dovrebbe essere usato per creare valore nel paese o nell’economia’ dice Maraj. ‘I soldi non possono generare soldi’.

“Né le banche islamiche possono semplicemente vendere denaro. ‘Nel modello finanziario islamico, le banche dovrebbero muovere i fondi tramite un concetto di gestione degli stessi’ sostiene Rafe Haneef, capo del sistema bancario islamico in Asia per Citigroup.

“In effetti il sistema bancario islamico dovrebbe funzionare più come un accordo equo tra privati e non come capita nei classici sistemi bancari. Haneef sostiene che ‘l’equità tra privati è un principio islamico’.

“I sostenitori del settore dicono che il requisito di condivisione del rischio aiuta a ridurre il genere di abusi che ha portato al disastro dei mutui subprime negli Stati Uniti. Gli studiosi non considerano islamica l’idea di oberare i clienti di debiti o investire in aziende con eccessivi debiti”.

L’articolo del Washington Post ‘Islamic Banking: Steady in Shaky Times’, ottobre 2008, sosteneva che “Mentre i grandi istituti finanziari occidentali traballano per la crisi che si sta verificando da qualche settimana, un altro settore finanziario sta acquistando spessore: il sistema bancario islamico. I sostenitori dell’antica pratica, basata sulla guida della sharia che proibisce gli interessi e fare affari coi debiti, stanno promuovendo la finanza islamica come cura contro il collasso finanziario globale.

“Questa settimana il ministro del commercio del Kuwait, Agmad Baqer, ha affermato che la crisi globale porterà più paesi ad adottare i principi islamici nella gestione delle loro economie. Il segretario del Tesoro americano, Robert M. Kimmet in visita a Gedda ha dichiarato che gli esperti del suo dipartimento stavano studiando le caratteristiche del sistema bancario islamico.

Sebbene il sistema islamico da mille miliardi di dollari stia affrontando difficoltà dovute al crollo dei prezzi degli immobili e delle azioni, i suoi sostenitori affermano che il sistema ha una protezione intrinseca dal tipo di collasso che ha colpito così tanti istituti. Perché l’uso di strumenti finanziari come i derivati, accusati di essere responsabili della caduta dei giganti dei sistemi bancari, assicurativi e d’investimento, è proibito. Così come il rischio eccessivo.

“ ‘Il bello del sistema bancario islamico e il motivo per cui può essere usato come sostituto dell’attuale mercato è il fatto che si promette solo ciò che si possiede [ contrariamente al sistema di riserva frazionaria della banche occidentali]. Le banche islamiche non sono protette se l’economia è in declino, soffrono ma non lasciano nessuno in panne’ sostiene Majed al-Refaie, che dirige la Unicorn Investment Bank con sede nel Bahrain.

“Il principio teologico dietro il sistema bancario islamico è una legge sacra che dichiara che l’accumulo di interessi è una forma di usura, la quale è proibita nell’Islam. Nel mondo moderno questo si traduce in un approccio nei confronti del denaro diverso da quello occidentale: i soldi non possono stare fermi e generare altri soldi. Per crescere devono essere investiti in attività produttive.

“ ‘Nella finanza islamica non puoi ricavare denaro dal nulla’, sostiene Amr al-Faisal, membro del consiglio di amministrazione di Dar al-Mal al-Islami, una holding che possiede diverse banche islamiche e istituti finanziari. ‘I nostri affari devono essere legati a un’attività economica reale, come un bene o servizio. Non si può ricavare denaro dal solo denaro. È necessario avere un edificio che è stato concretamente acquistato, aver reso un servizio, o aver venduto un bene’.

I banchieri di questo sistema islamico assimilano i correntisti a partner – il loro denaro viene investito e loro condividono i profitti o, nel caso, le perdite. (Nelle interviste fatte, i banchieri non sono riusciti a rammentare casi in cui i depositanti avessero perso denaro; a loro dire, questo dimostra che le banche usano quei fondi solo in investimenti a basso rischio)”

È facile capire perché i Rothschild e loro soci delle banche occidentali convenzionali sarebbero minacciati dalla competizione di un più conveniente e conservatore sistema bancario islamico.

Verso la fine del 2008, il ministro delle finanze francese, Christine Lagarde, ha annunciato l’intenzione della Francia di far diventare Parigi ‘la capitale della finanza islamica’ e ha aggiunto che diverse banche islamiche avrebbero aperto filiali nella capitale francese nel 2009. Fonti francesi stimano che quest’area di mercato finanziario può valere dai 500 ai 600 miliardi di dollari e potrebbe crescere mediamente dell’11 percento annuale.

John Sandwick, amministratore delegato della Encore Management, società di asset management svizzera, ha descritto l’apertura di diverse banche islamiche in Svizzera come ‘la corsa al controllo del primo premio che oggi vale centinaia di miliardi ma nel futuro varrà migliaia di miliardi di dollari di ricchezza islamica.”

“Secondo Standard and Poor’s, gli investimenti del sistema bancario islamico sono stati di circa 400 miliardi di dollari in tutto il mondo nel 2009. A novembre del 2010, The Banker ha pubblicato la sua più recente autorevole lista dei 500 migliori istituti finanziari islamici con l’Iran in testa.” (iStockAnalyst, 8 febbraio 2011)

L’International Business Times, nel commentare l’apertura della Zitouna (Islamic) Bank lo scorso 28 maggio, ha riferito che “il Nord Africa ha iniziato ad abbracciare la finanza islamica dopo essere rimasto per anni a guardare in disparte, in parte per incanalare più petrodollari del golfo arabo verso la regione...la Tunisia ha una delle economie più aperte della regione e attrae investimenti sostanziosi dalla UE, trend che dovrebbe essere accelerato nel 2014 cioè quando, secondo il governo, il dinar tunisino sarà pienamente convertibile”.

Il Global Islamic Finance News ha riportato il 31 maggio scorso che “la Zitouna Bank cerca di creare anche una dimensione regionale nelle sue attività, in particolare nel Maghreb, quanto più possibile così da poter diventare la prima banca specializzata che non appartiene a gruppi bancari stranieri... La banca inoltre cercherà di costruire profondi rapporti con le banche del Maghreb e mediterranee per garantire il flusso necessario per le operazioni finanziarie dei propri clienti. I dirigenti della banca hanno rimarcato il fatto che l’istituto finanziario ha stabilito rapporti con 12 banche islamiche in collaborazione con l’istituto delle banche islamiche nel Bahrain.

La formazione della Zitouna bank era stata annunciata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Tunisina il 10 settembre 2009. Tunisia e Marocco hanno autorizzato la finanza islamica nel 2007, in parte per incanalare più investimenti verso i settori a veloce crescita del turismo e immobiliare.

La Zitouna Bank di El Materi, data la sua parentela con Ben Ali, si stava espandendo in Tunisia a livelli di monopolio. El Materi ha costruito un potente impero affaristico: ha operato nel settore delle news e dei media, nei sistemi bancari e servizi finanziari, settore dell’automobile, navigazione e crociere, immobili e agricoltura, industria farmaceutica e lo scorso 22 novembre ha acquistato il 50% delle partecipazioni in Orascom Telecom per 0,2 miliardi di dollari.

L’appena inaugurato Tunis Financial Harbour è stato sul punto di diventare il centro della finanza regionale del Nord Africa e, con la sua posizione strategica nel mar Mediterraneo, di diventare un pontre tra la UE e le crescenti economie nord africane e dell’Africa subsahariana.

Il 20 gennaio 2011, la Zitouna Bank, prima banca islamica della Tunisia è stata confiscata dalla Banca Centrale della Tunisia, dei Rothschild. La banca di proprietà di Sakher El Materi, genero trentenne del deposto leader tunisino Zine El Abidine Ben Ali è stata posta sotto “il controllo” della banca centrale. Materi si trova ora a Dubai. La mossa è stata fatta il giorno dopo l’arresto di 33 persone legate a Ben Ali per crimini contro la nazione. La televisione di stato ha mostrato il materiale sequestrato consistente in oro e gioielli. Anche la Svizzera ha congelato i beni della famiglia di Ben Ali.

LE BANCHE ISLAMICHE EGIZIANE MINACCIATE DALLA RIVOLUZIONE DEI ROTHSCHILD: IL VECCHIO POTTER VS HAARY BAILEY


Un’immagine tratta dal film “La vita è meravigliosa”


Il seguente sembra uno scenario tratto dal film La vita è meravigliosa diretto da Frank Capra nel 1946, dove Il Vecchio Potter (Rothschild) preleva i tradizionali risparmi e prestiti di Harry Bailey( Banca islamica):

I prodotti delle banche islamiche (halal) non sono penetrati in modo significativo nel Nord Africa, tranne che in Egitto. “...Ci sono diverse banche islamiche che operano in Egitto: Faisal Islamic Bank, Al Baraka Egypt (Al Ahram Bank) e Abu Dhabi Islamic Bank NBD . . .Ci possono essere anche altre” sostiene Blake Goud, esperto in finanza islamica (The Review – Middle East, 31 Gennaio 2011)”... e i rischi di una corsa allo sportello nella banca dovrebbe preoccupare chi ha interesse nel sistema bancario islamico nel mondo perché potrebbe essere un test sulla resistenza delle banche islamiche alla crisi.

“Ciò che si vuol dire è che la situazione egiziana, che potrebbe costituire una splendida opportunità per il popolo egiziano, potrebbe mostrare una debolezza all’interno del sistema bancario islamico se dovesse dimostrarsi problematica. Il rischio maggiore per ogni banca è che con la corsa agli sportelli la banca non possa affrontare i prelievi dei correntisti con i liquidi presenti in banca in quel momento. Questo porta la banca a trovare liquidi in altri modi. Nella maggior parte dei casi può ottenere un prestito interbancario da un’altra banca che le permette di affrontare i prelievi. Se altre banche dovessero esitare a prestare il denaro per l’incertezza sulla qualità dell’asset, allora la banca dovrà ricorrere al deposito interbancario della banca centrale, che effettua il deposito come ultima risorsa.

“La chiave delle banche islamiche è che esse non possono avvantaggiarsi del mercato dei depositi interbancari, né possono ottenere prestiti o effettuarli alla banca centrale (enfasi aggiunta) perché quei prestiti prevedono interessi. L’unica alternativa è quella di trovare altre banche (in genere islamiche) disposte a estendere il principio della Sharia ai prestiti bilaterali, spesso ricorrendo al Murabaha. In un paese come l’Egitto dove il settore bancario islamico è una piccola parte dell’intero sistema bancario, esso non crea un rischio sistemico se le banche dovessero fallire, ma lo creerebbe ai correntisti delle altre banche islamiche del paese e a livello globale. Se dovesse succedere che il rischio della corsa agli sportelli in una banca islamica non può essere fermato da qualcuno, che sia una banca straniera, una multilaterale come l’Islamic Development Bank o la banca centrale egiziana (attraverso misure di emergenza), allora la fiducia nelle banche islamiche potrebbe subire conseguenze.

“Se nessuna di queste opzioni è attuabile, la banca dovrà cercare i fondi vendendo suoi asset, molti dei quali (prestiti) sono caratterizzati da illiquidità nel breve termine. Dovrà allora perdere nella vendita per ottenere la liquidità necessaria per coprire i prelievi. Se questa situazione continua e la banca vende parecchi asset scontati, il bilancio della banca sarà negativo (il valore delle attività meno quelli della passività) e diventerà insolvente (solo dopo la fase dell’illiquidità). Questo è il pericolo fondamentale del sistema bancario da una prospettiva di stabilità finanziaria. Se molte banche si trovano davanti a una corsa agli sportelli e devono vendere gli asset, la corsa potrebbe diventare incontrollabile e contagiosa. Anche una banca solida davanti a una corsa agli sportelli può diventare insolvente.

“La perdita della fiducia non è solo un colpo alla reputazione e all’ego dei banchieri islamici. Essa renderebbe più difficile la capacità delle banche islamiche di attirare e ritenere correntisti e potrebbe innalzare i costi per attirare correntisti. Questo potrebbe rendere la banca, alle stesse condizioni, meno redditizia (essa trae profitto dalla forbice tra il ritorno sui fondi investiti e il costo dei fondi prestati dai correntisti). Minore rendimento significa minor capacità di attrarregli investitori per le banche islamiche perché si limitano le possibilità di incremento del capitale attraverso offerta di azioni ( o almeno di incremento della diluizione con gli azionisti). E diminuisce la disponibilità di integrazione del capitale così come dei dividendi con gli azionisti.

“Quindi, è importante che le banche islamiche in Egitto riescano a superare la corsa agli sportelli semmai dovesse verificarsi così come si vocifera, non solo per quegli azionisti delle banche ma anche per il settore delle banche islamiche.”

Al contrario, Bloomberg sostiene che “le banche egiziane potrebbero dover affrontare i prelievi dei clienti all’apertura delle operazioni, diventando tra le imprese più colpite dal sollevamento nazionale contro il presidente Hosni Mubarak. ...Il governatore della banca centrale Farouk El-Okdah ha riferito in un’intervista telefonica lo scorso 29 gennaio che la sua banca ha una riserva di 36 miliardi di dollari, sufficienti per soddisfare i clienti casomai dovessero decidere di ritirare i propri fondi. Il suo vice, Hisham Ramez, ha affermato che il deposito interbancario “funzionerà correttamente” quando le banche saranno riaperte. Ha aggiunto che sarà la situazione della sicurezza a determinare la data.

“Mohamed Barakat, presidente della banca statale Banque Misr e capo dell’associazione bancaria nazionale, ha detto in un’intervista telefonica, con riferimento ai rischi della corsa agli sportelli, che “i prestatori egiziani sono ‘parecchio liquidi’ ”, con un rapporto di prestito-deposito del 53%. [...] “Il tasso interbancario egiziano offerto, cioè il tasso che le banche chiedono per prestarsi denaro reciprocamente, è di 16 mesi all’8,5%”.

Gli scopi: sponsorizzare gli attivisti per la democrazia

Queste rivoluzioni dei Rothschild sono operate con la pretesa di portare democrazia e di deporre i despoti, ma il vero obiettivo è quello di creare un caos iniziale e il vuoto di leadership, quindi di offrire velocemente la soluzione: istaurare un burattino che farà gli interessi economici dei Rothschild. Il cittadino guadagna la libertà di espressione e di associazione ma viene asservito sotto l’aspetto economico.

Queste rivoluzioni sono molto probabilmente coordinate ai livelli più alti dal Rothschild International Crisis Group. Mohamed ElBaradei è stato già preparato a fare il leader in Egitto. ElBaradei è un fiduciario dell’International Crisis Group. Un altro consigliere di questo gruppo è Zbigniew Brzezinski. George Soros siede nel comitato esecutivo. Gli ultimi due sono personaggi onnipresenti per conto dei Rothschild.

Le rivoluzioni appartengono allo stesso programma politico delle ‘rivoluzioni colorate’ non violente. Queste rivoluzioni hanno avuto successo in Serbia (in particolar modo la rivoluzione dei Bulldozer del 2000), in Georgia con la Rivoluzione rosa del 2003, nella rivoluzione arancia Ucraina del 2004 nella rivoluzione dei cedri nel Libano e (sebbene più violenta delle precedenti) nella rivoluzione dei Tulipani del Kyrgyzstan nel 2005, e nella rivoluzione dei gelsomini in Tunisia. La rivoluzione verde iraniana del 2009 non ha avuto successo.


Il miliardario liberale George Soros ha finanziato la preparazione di attivisti nel Nord Africa


Il Guardian ha riportato il 26 novembre 2006 i nomi di chi era “direttamente coinvolto” nell’organizzazione delle rivoluzioni dei colori: la Open Society Foundation di George Soros, il National Endowment for Democracy (NED), l’International Republican Institute e la Freedom House. Anche il Washington Post e il New York Times hanno parlato di un sostanziale coinvolgimento dell’occidente in alcuni di questi eventi.

Gli attivisti di Otpor in Serbia hanno dichiarato che le pubblicazioni e la formazione che hanno ricevuto dall’Albert Einstein Institution con sede negli Stati Uniti erano state strumentali al disegno delle loro strategie. L’Albert Einstein Institution è fondato dalla Soros Foundation e dal NED. (Wikipedia)

Il Globe &Mail nell’articolo ‘Rivolta della Georgia porta il marchio di Soros, del 26 novembre 2003, ha scritto che “[l’Open Society Institute di Soros] ha inviato un attivista di 31 anni di Tbilisi di nome Giga Bokeria, in Serbia per farlo incontrare con i membri del movimento Otpor (Resistenza) per imparare come sono state usate le manifestazioni per strada per abbattere il dittatore Slobodan Milosevic. Allora, durante l’estate, la fondazione di Soros pagò un viaggio di andata e ritorno agli attivisti di Otpor verso la Georgia, che hanno tenuto un corso di tre giorni insegnando a più di mille studenti come inscenare una rivoluzione pacifica”.


Attivisti egiziani indossano magliette di Otpor. Otpor è stata creata da Soros in Serbia e ha formato gli attivisti delle altre rivoluzioni colorate


Molti manifestanti nelle strade in Egitto indossavano le magliette di Otpor. E Otpor le consegna durante le sedute di formazione. Questo per far notare che potrebbe esserci un legame tra Soros e i manifestanti tunisini.

Nel 2007-2008 la Freedom House [fondata da Soros e dal Middle Eastern Partnership Initiative (MEPI)] ha diretto il seguente programma: “New Generation of Advocates, un programma finanziato dal MEPI che sostiene gli attivisti giovani della società civile che operano per il cambio politico pacifico nel Medioriente e Nord Africa, ha promosso la campagna ‘Avvocati contro la corruzione’ in Tunisia”(dal sito di Freedom House). Il gruppo di “giornalisti, avvocati e altri attivisti che sostengono le riforme democratiche” hanno incontrato il segretario di stato Condoleeza Rice, in viaggio da Washington in occasione dell’International Human Rights Day, il 10 dicembre 2008. A maggio del 2009, il segretario di stato Hillary Clinton ha incontrato il gruppo di attivisti/dissidenti. Freedom House ha scritto sul proprio sito che il gruppo ha anche incontrato “rappresentanti del governo americano, membri del congresso, organi d’informazione e i think tank...Al ritorno in Egitto, i componenti hanno ricevuto piccole parcelle per avviare iniziative su come sostenere le riforme politiche attraverso Facebook e messaggi SMS”. (enfasi aggiunta)

Ancora dal sito di Freedom House: “Dal 27 febbraio al 13 marzo 2010, Freedom House ha ospitato 11 bloggers dal Medioriente e Nord Africa per un Tour di studi avanzati dei nuovi media a Washington, D.C.”.

Nel 2010, l’Open Society Institute di Soros ha finanziato un progetto chiamato “ La democrazia può essere suggerita? La promessa dei Media di partecipazione in Africa” descritto nel sito dell’OSI “...Etiopia ed Egitto sono stati l’obiettivo del programma di ricerca; il finanziamento dell’OSI permetterà la diffusione dei progetti in Uganda, Zimbabwe, Tunisia, Eritrea e Rwanda...si spera che possa aiutare a comprendere i nuovi media in Africa e la loro relazione con i processi di democratizzazione. L’obiettivo è anche fare in modo che gli studi possano essere materiale utile per ricerche future”.



Facebook e Twitter sono stati i mezzi principali dell’organizzazione della rivolta in Egitto: “Gli attivisti del movimento egiziano Kifaya (basta) – una coalizione di opposizioni al governo – e il movimento giovanile del 6 aprile hanno organizzato le proteste su Facebook e Twitter...”(Voice of America)

Nel Foreign Policy Journal, il dottor D.K. Bolton scrive il 19 gennaio: “NED[National Endowment for Democracy] e Soros lavorano in tandem, mirano agli stessi regimi e usano gli stessi metodi...Almeno 10 dei 22 direttori del NED sono anche membri del plutocratico think tank, il Council on Foreign Relations...” (Il Council of Foreign Relations è il corrispettivo americano del Royal Institute of International Affairs britannico dei Rothschild: entrambi sono strumenti di controllo plutocratico nascosto alla luce del sole.

La seguente è una lista parziale dei progetti dal sito del NED per il 2009 (ultimo anno disponibile):

In Tunisia l’obiettivo è la formazione di giovani attivisti:

“Forum per il pensiero libero di Al-Jahedh, 131,000 dollari. Per migliorare la capacità e costruire una cultura democratica tra i giovani attivisti tunisini.

“Centro di Ricerca, Studi e Formazione Mohamed Ali [MACRST], 33,5000. Per formare un gruppo di giovani attivisti tunisini in capacità organizzative e di leadership per incoraggiare la loro partecipazione alla vita pubblica. [MACRST] condurrà una 4 giorni di training intensivo per un programma di formatori di un gruppo di 10 giovani attivisti civici su leadership e capacità organizzative; formerà 50 attivisti uomini e donne di età compresa tra i 20 e 40 anni su leadership e decision-making; e lavorerà con gli attivisti formati attraverso 50 visite alle sedi delle loro rispettive organizzazioni.

“Associazione per la promozione dell’educazione (APES), 27,000 dollari. Per potenziare la capacità dei professori nei licei tunisini di promuovere valori civili e democratici nelle loro classi. APES condurrà il laboratorio di training per formatori per 10 professori universitari e ispettori scolastici, e terrà tre seminari di formazione attitudinale per 120 professori di liceo...”

Le suddette organizzazioni e hanno ricevuto i fondi da parte del NED in Tunisia, così come indicato dalle seguenti liste redatte negli anni precedenti:

2008: Il Forum per il libero pensiero di Al-Jadedhha, AJFFT, ha ricevuto 57,000 dollari per formare attivisti tunisini; il MACRST 37,000; il centro arabo tunisino Civitas 43,000 dollari per formare professori in “valori civici” e il Centro Internazionale per l’Impresa Privata, CIPE, 163,000 dollari per “inculcare la dottrina della libera impresa tra gli uomini d’affari tunisini, che riflette il vero oiettivo del NED nel promuovere “la democrazia e i valori civili”: la globalizzazione” (Bolton, 2011)

2007: AJFFT ha ricevuto 45,000 per sviluppare attivisti tunisini; l’Istituto arabo per i diritti civili ha ricevuto 43,900 dollari; il CIPE 175,000; il MACRST 38,500; il Moroccan Organization for Human Rights 60,000 dolalri per “rafforzare un gruppo di giuristi tunisini affinche mobilitino i cittadini sulle questioni delle riforme”.

In Egitto, il numero dei progetti del NED è raddoppiato nel 2009 per un totale di 33 progetti per la democrazia di 1,4 milioni di dollari e l’obiettivo si è spostato dalla promozione della libera impresa alla formazione di giovani avvocati dei diritti umani e all’identificazione e formazione di giovani attivisti. Sarà interessante vedere quando e se NED pubblicherà la lista dei progetti del 2010. Un esempio dei progetti del NED per il 2009, dal sito del NED:

L’unione egiziana dei giovani liberali (EULY) 33,300. Per espandere l’uso dei nuovi media tra giovani attivisti e per promuovere idee e valori democratici. EULY insegnerà a 60 giovani attivisti come filmare e diffondere i valori della democrazia. L’unione intende condurre 4 laboratori di due mesi ciascuno per costruire la consapevolezza politica e capacità tecnica per filmare con la partecipazione di giovani coinvolti in ONG.

L’ Andalus Institute for Tolerance and Anti-Violence Studies (AITAS), 48,900 dollari. Per migliorare la comprensione da parte dei giovani del parlamento egiziano e dell’uso da parte degli attivisti regionali delle nuove tecnologie e dei mezzi di responsabilità. AITAS condurrà una serie di laboratori per 300 studenti universitari per aumentare la loro consapevolezza delle funzioni del parlamento e stimolarli a monitorare le attività dei parlamentari. AITAS terrà anche tirocini per giovani attivisti del Medioriente e del Nord Africa per condividere la propria esperienza sull’uso delle tecnologie basate sulla rete nel monitorare i lavori.

Bridge Center for Dialogue and Development (BTRD), 25,000 dollari. Per promuovere l’espressione dei giovani e stimolarli in questioni riguardanti la comunità attraverso i nuovi media. BTRD formerà giovani di età compresa tra 16 e 26 anni nell’uso dei media nuovi e tradizionali perché si occupino di temi riguardanti le loro comunità. BRTD inoltre creerà un sito per i video sui diritti umani e campagne sui nuovi media in Egitto.

Egyptian Democracy Institute (EDI), 48,900 dollari. Per promuovere senso di responsabilità e trasparenza nel parlamento attraverso la partecipazione pubblica e per costruire un’attitudine legislativa. EDI produrrà rapporti trimestrali e terrà seminari per discutere l’attività complessiva del Parlamento e offrire indicazioni sulle proposte di legge nella Assemblea del Popolo. EDI controllerà e raccoglierà prove documentate di corruzione al Cairo e Alessandria.

Lawyers Union-for Democratic and Legal Studies (LUDLS), 20,000 dollari. Per sostenere la libertà di associazione col rafforzamento delle capacità degli attivisti di esprimersi e organizzarsi pacificamente entro i confini della legge. LUDLS formerà 250 giovani attivisti sulla risoluzione pacifica dei conflitti.

Our Hands for Comprehensive Development, 19,200 dollari. Per stimolare i giovani di Minya all’attivismo civico e incoraggiare il volontariato e le iniziative giovanili. Our Hands terrà due meeting pubblici per discutere coi giovani delle sfide e per identificare giovani leader che potrebbero beneficiare di ulteriore formazione. I partecipanti produrranno un breve video sulla partecipazione politica giovanile, svilupperanno e metteranno in atto i piani dei giovani per risolvere i problemi del governatorato. Our Hands fornirà ai giovani di Minya l’opportunità di imparare dall’esperienza degli attivisti e delle ONG del Cairo e di collegarsi ad essi.

“Youth Forum, 19,000 dollari. Per espandersi e mantenere un network di giovani attivisti nei campus universitari egiziani e incoraggiare la partecipazione di studenti universitari alle elezioni dei sindacati degli studenti. e alle attività civiche nei campus...”

NED e Soros hanno iniettato milioni di dollari nella formazione di professori pro democrazia, giuristi, giornalisti e giovani attivisti del Nord Africa. Nel 2009 hanno raddoppiato i loro sforzi di formazione. Perché proprio ora il sostegno a dittatori da 30 anni al potere è stato minato? Il premio sono le economie nord africane in veloce crescita. Tutto questo coincide con gli sforzi di Ben Ali di fare della Tunisia il centro finanziario del Nord Africa e di promuovere il sistema bancario islamico. I Rothschild vogliono che i musulmani del Nord Africano prendano soldi in prestito dalle loro banche e che paghino gli interessi al tasso deciso dalla Banca Centrale dei Rothschild: non vogliono che la gente possa prendere soldi dalle banche islamiche senza pagare alcun interesse. I Rothschild vogliono che i musulmani scambino la loro attuale oppressione politica ad opera di brutali dittatori con il futuro asservimento economico sotto il controllo del banchiere Lord Rothschild.

Fonte: www.puppet99.com
Link: http://www.puppet99.com/?p=126
22.02.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI

Fonte dell'articolo:  www.comedonchisciotte.org

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