Dopo il Pakistan e tutto il Nord
Africa, dopo i paesi arabi indipendenti, ecco un nuovo fronte di guerra americano. La grande follia di questa Terza Guerra Mondiale non è percepita nella sua drammatica e terribile gravità. I potenziali oppositori sono stati inibiti al pensiero critico, plasmati da una pressante informazione di Regime sempre più apertamente fasulla. Questo Regime è riuscito ad aggregare a se i cervelli distratti degli spettatori televisivi del mondo riuniti. Sta così tumultuosamente prendendo forma la più grande tirannia mondiale mai apparsa sul pianeta. I Nostri, con la pancia piena, in special modo la sinistra traditrice, sono quasi tutti proni ai desiderata dei carnefici globali…
dopo l’articoletto di Peace reporter conviene leggere l’articolo dell’ottimo Fabio Ghioni.
Mi preme dire inoltre quanto segue per meglio comprendere il primo articolo tratto dal NYT. Da tempo abbiamo rilevato come il mercato della droga (vedi Afghanistan, Colombia e Kossovo) sia da considerare come una opportunità economica per gli invasori che entrano ad occupare nuovi stati sempre con una qualche finalità di “democrazia , lotta alla droga e diritti civili”
Peacereporter.net Da qualche mese i velivoli senza pilota in missione segreta in territorio messicano
Aerei senza pilota statunitensi, i famosi droni, sorvolano ormai da un mese i cieli messicani. Una notizia che fino a oggi era rimasta segreta e che è stata diffusa solo in questi giorni grazie a un articolo pubblicato sul New York Times.
Un’operazione che se fosse stata resa pubblica avrebbe creato non pochi malumori all’interno della politica nazionale e anche fra la cittadinanza, e avrebbe scoperchiato problemi legati alla sovranità nazionale. Infatti, la Costituzione messicana proibisce qualsiasi ingerenza militare di forze straniere, ma sembra che la gravità della situazione abbia costretto le autorità messicane a tenere nascosta la vicenda per pura convenienza.
Gli accordi fra Città del Messico e Washington, infatti, prevedevano solo il pattugliamento dei droni sulle aree di frontiera e non certo l’uso dei velivoli all’interno dello spazio aereo messicano. E sembra che sia stato proprio il presidente messicano Felipe Calderon a chiedere al Pentagono di utilizzare in altro modo gli aerei spia
Come si legge nell’articolo del New York Times che cita fonti interne al Pentagono, il volo dei droni autorizzato dal Dipartimento di Sicurezza Usa farebbe parte di una serie di accordi bilaterali firmati da Calderon e Obama nei mesi scorsi e ratificati nell’ultima visita del presidente Usa in Messico, avvenuta all’inizio di marzo.
D’altronde, gli oltre 34mila morti degli ultimi cinque anni hanno costretto le due amministrazioni a collaborare in modo molto stretto, commettendo anche degli errori.
In ogni caso, le missioni dei droni avrebbero già ottenuto qualche buon risultato come ad esempio la localizzazione di alcuni sospettati di aver fatto parte del commando che ha ucciso l’agente statunitense del servizio immigrazione, Jaime Zapata. Di fatto, però, proprio la morte dell’agente Usa ha rafforzato l’impegno di Washington in Messico. Rafforzato a tal punto che sembra che per le strade del paese ci siano molti agenti Usa armati, in netta violazione della Costituzione messicana.
Inoltre, che Washington si stia impegnando a fondo nella lotta al narcotraffico non è cosa nuova. Ultima novità importante in ordine di tempo è la dichiarazione del presidente Obama di ritorno da una breve visita in alcuni stati centroamericani. Durante il suo soggiorno a El Salvador, infatti, Obama, ha annunciato un nuovo investimento di 200 milioni di dollari per la lotta ai cartelli della droga messicani che usano i paesi del centro America come basi di transito per gli stupefacenti prodotti nel Cono Sud.
Obama da San Salvador ha parlato chiaro: “Stiamo lanciando un nuovo sforzo contro le bande presenti in America centrale. Vogliamo aiutare a rafforzare le istituzioni e la società civile che sostengono lo Stato di diritto” ha detto il presidente a margine di una conferenza stampa.
Dello stesso avviso il presidente salvadoreno Funes. Il suo Paese, che fino a poco tempo fa era solo usato come area di passaggio, si sta lentamente riconvertendo in zona di consumo di droga. “Non possiamo più permettere di offrire ai nostri giovani solo due possibilità di sviluppo: o andare negli Usa a cercar fortuna oppure cadere nelle mani delle bande criminali”.
Alessandro GrandiUn’operazione che se fosse stata resa pubblica avrebbe creato non pochi malumori all’interno della politica nazionale e anche fra la cittadinanza, e avrebbe scoperchiato problemi legati alla sovranità nazionale. Infatti, la Costituzione messicana proibisce qualsiasi ingerenza militare di forze straniere, ma sembra che la gravità della situazione abbia costretto le autorità messicane a tenere nascosta la vicenda per pura convenienza.
Gli accordi fra Città del Messico e Washington, infatti, prevedevano solo il pattugliamento dei droni sulle aree di frontiera e non certo l’uso dei velivoli all’interno dello spazio aereo messicano. E sembra che sia stato proprio il presidente messicano Felipe Calderon a chiedere al Pentagono di utilizzare in altro modo gli aerei spia
Come si legge nell’articolo del New York Times che cita fonti interne al Pentagono, il volo dei droni autorizzato dal Dipartimento di Sicurezza Usa farebbe parte di una serie di accordi bilaterali firmati da Calderon e Obama nei mesi scorsi e ratificati nell’ultima visita del presidente Usa in Messico, avvenuta all’inizio di marzo.
D’altronde, gli oltre 34mila morti degli ultimi cinque anni hanno costretto le due amministrazioni a collaborare in modo molto stretto, commettendo anche degli errori.
In ogni caso, le missioni dei droni avrebbero già ottenuto qualche buon risultato come ad esempio la localizzazione di alcuni sospettati di aver fatto parte del commando che ha ucciso l’agente statunitense del servizio immigrazione, Jaime Zapata. Di fatto, però, proprio la morte dell’agente Usa ha rafforzato l’impegno di Washington in Messico. Rafforzato a tal punto che sembra che per le strade del paese ci siano molti agenti Usa armati, in netta violazione della Costituzione messicana.
Inoltre, che Washington si stia impegnando a fondo nella lotta al narcotraffico non è cosa nuova. Ultima novità importante in ordine di tempo è la dichiarazione del presidente Obama di ritorno da una breve visita in alcuni stati centroamericani. Durante il suo soggiorno a El Salvador, infatti, Obama, ha annunciato un nuovo investimento di 200 milioni di dollari per la lotta ai cartelli della droga messicani che usano i paesi del centro America come basi di transito per gli stupefacenti prodotti nel Cono Sud.
Obama da San Salvador ha parlato chiaro: “Stiamo lanciando un nuovo sforzo contro le bande presenti in America centrale. Vogliamo aiutare a rafforzare le istituzioni e la società civile che sostengono lo Stato di diritto” ha detto il presidente a margine di una conferenza stampa.
Dello stesso avviso il presidente salvadoreno Funes. Il suo Paese, che fino a poco tempo fa era solo usato come area di passaggio, si sta lentamente riconvertendo in zona di consumo di droga. “Non possiamo più permettere di offrire ai nostri giovani solo due possibilità di sviluppo: o andare negli Usa a cercar fortuna oppure cadere nelle mani delle bande criminali”.
Messico: “L’invasione USA è inevitabile”
http://www.fabioghioni.net/blog/2011/03/10/messico-%E2%80%9Clinvasione-usa-e-inevitabile%E2%80%9D/
“Gli Stati Uniti saranno costretti a invadere il Messico. Non è una questione di ‘se’, è una questione di ‘quando’. Poi sorge la domanda: cosa fare del Messico dopo averlo invaso e aver spazzato via i cartelli della droga? Forse gli Stati Uniti riporteranno il Messico a essere uno stato nazionale di politici corrotti, di politiche economiche fallimentari e di illegalità, oppure annetteremo il Messico e lo trasformeremo nel cinquantunesimo stato?”Questa riflessione risale allo scorso dicembre e fa parte di un articolo pubblicato da Redstate intitolato “Piaccia o no, il Messico è il nuovo Afghanistan”, che descrive la situazione apocalittica sul confine meridionale degli Stati Uniti. Malgrado la scarsa attenzione dei media, il Messico è in preda al caos: i politici non sono in grado di riportare all’ordine i narcos, che sono sempre più ricchi e potenti e ingaggiano sanguinosissime lotte tra bande rivali.
Il parallelo con l’Afghanistan è quasi inevitabile, per esplosività e destabilizzazione. Con l’ovvia differenza che il Messico confina direttamente con gli Stati Uniti, per cui la domanda dovrebbe essere: perché gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, l’Afghanistan, si preoccupano dell’Iran e sono subito pronti a intervenire in Libia, mentre non si curano della vera bomba che hanno proprio alle porte di casa?
Ma la bomba, in realtà, è gia entrata dalla finestra, e sta già esplodendo. Lungo il confine meridionale degli States, gli agenti di polizia americani sono minacciati dai cartelli della droga, che anzi controllano già alcune zone di Arizona, New Mexico e Colorado. Ma l’aspetto più raccapricciante sono le vendette tra bande rivali, i rapimenti (28.000 negli ultimi quattro anni) e le raccapriccianti torture a cui sono sottoposte le vittime (potete trovare qui un video, ma attenzione! E’ estremamente violento). Tutto ciò sta accadendo ora non solo in Messico ma anche aldilà della frontiera statunitense, attraversata da migliaia di profughi in fuga per sopravvivere.
Se le autorità messicane si sono dimostrate totalmente impotenti a riprendere il controllo della nazione, gli USA continuano a ignorare le richieste di inviare truppe per rendere sicuri i confini meridionali. Secondo alcuni analisti repubblicani, l’amministrazione Obama temerebbe di alienarsi la comunità ispanica, una componente fondamentale del proprio elettorato negli stati del Sudovest, a cui potrebbero sommarsi 8 milioni di potenziali nuovi voti da parte degli immigrati.
Ma le ragioni potrebbero essere anche altre. Innanzitutto, aprire sempre nuovi fronti all’estero è una strategia di proiezione. Invece di cercare di risolvere le proprie tensioni interne, operazione che potrebbe essere più destabilizzante del problema stesso, gli USA preferiscono ridirezionare le frustrazioni verso l’esterno. Una strategia che però non eviterà, molto presto, che i nodi vengano al pettine.
Ma aldilà delle interpretazioni psicologiche c’è il mercato degli stupefacenti, che viene combattuto solo con parole molto paternalistiche e con poche azioni concrete. Perché in realtà la droga serve. Così come la guerra in Afghanistan non ha fermato il mercato dell’oppio, Gli Stati Uniti non hanno alcun interesse nello stroncare i cartelli della droga, né in Colombia né tantomeno in Messico. Fintanto che l’America è inondata di stupefacenti e gli adolescenti fumano crac nelle scuole, la situazione è in realtà ottima. Sedati, oppure violenti al punto giusto per essere sbattuti in galera, tutto rimane sotto controllo.
fonte: www.stampalibera.com
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