Le “armi ad energia diretta” (Directed Energy Weapons) Per “armi ad energia diretta” si intende una classe di armamenti che comprende numerosi dispositivi capaci di indirizzare sui bersagli, in modo molto preciso ed efficace, svariate forme di energia non cinetica. In sostanza, l’obiettivo non viene colpito con un proiettile, o mediante la forza d’urto di un’esplosione, ma tramite dispositivi che inviano sul bersaglio radiazioni elettromagnetiche, onde acustiche, plasma ad elevata energia, o raggi Laser. Gli effetti legati all’uso di tali armi possono essere sia letali, sia non letali, mentre i campi d’applicazione variano dalla difesa antiaerea alla tutela dell’ordine pubblico.
Le armi Laser
La tecnologia Laser è una delle maggiori
protagoniste degli attuali programmi di ricerca e sviluppo ed è
impiegata con versatilità in diversi dispositivi bellici. Tra essi si
annoverano i seguenti:
Tactical High Energy Laser (THEL) Tra le armi in sperimentazione negli USA figura il dispositivo THEL, esistente anche in versione portatile (MTHEL, dove M sta appunto per “mobile”). THEL significa Tactical High Energy Laser, ed è appunto un dispositivo Laser che si avvale di sostanze chimiche come il deuterium fluoride (FD) per creare un raggio invisibile dotato di potenze particolarmente elevate. In numerosi test – alcuni divulgati anche tramite video – un potente raggio Laser viene utilizzato per fare esplodere in volo missili e proiettili di artiglieria certificando dunque la sua efficacia quale dispositivo di difesa.
Airborne Laser (ABL)
Il sistema ABL consiste in un laser
chimico ad alta energia (Chemical Oxygen Iodine Laser – COIL), montato
su un Boeing 747 modificato. L’ABL (in possesso all’Aeronautica USA dal
2003) è in grado di individuare ed abbattere missili balistici, può
restare in quota per molte ore e rifornirsi mentre è in volo garantendo
cosí la copertura prolungata di una vasta zona operativa. Tactical High Energy Laser (THEL) Tra le armi in sperimentazione negli USA figura il dispositivo THEL, esistente anche in versione portatile (MTHEL, dove M sta appunto per “mobile”). THEL significa Tactical High Energy Laser, ed è appunto un dispositivo Laser che si avvale di sostanze chimiche come il deuterium fluoride (FD) per creare un raggio invisibile dotato di potenze particolarmente elevate. In numerosi test – alcuni divulgati anche tramite video – un potente raggio Laser viene utilizzato per fare esplodere in volo missili e proiettili di artiglieria certificando dunque la sua efficacia quale dispositivo di difesa.
Space-Based High-energy Laser (HEL) Si tratta di un armamento Laser montato su di un satellite, capace di colpire bersagli nello spazio, a terra e in aria. Oltre agli Stati Uniti e ad Israele, anche la Cina sta sviluppando un armamento Laser concepito per distruggere i satelliti nemici orbitanti. L’arma si chiama ASATS (Anti-Satellite Simulation) ed era in fase di sviluppo già nel 1998.
I Laser a raggi ultravioletti I Laser a raggi ultravioletti sono armi capaci di paralizzare persone e animali. La tecnologia di cui si avvalgono è appunto quella Laser che sfrutta le frequenze dell’ultravioletto comprese tra i 400 e i 15 nm.
Laser ZEUS Si tratta di un Laser montato su di un Humvee (un veicolo militare in dotazione alle Forze Armate USA simile ad una grossa jeep). Secondo fonti ufficiali del Pentagono, mezzi militari muniti di questo dispositivo sono stati impiegati in Afghanistan per far brillare le mine. Secondo due accreditati siti di informazione militare: Defense Tech e Defence Daily, alcuni veicoli simili sarebbero stati utilizzati anche in Iraq.
Armi al plasma e ad impulsi
Le basi per questa tecnologia bellica
furono poste verso il 1940 dal fisico statunitense di origine croata
Nikola Tesla (Smiljan 1856 – New York 1943).
Durante i primi anni del ‘900 Tesla
iniziò a lavorare al suo progetto per un “Raggio della morte”. Nel 1942
il progetto era pronto e Tesla lo propose agli Stati Uniti quale arma
decisiva contro la minaccia nazista ma le sue idee non furono prese in
considerazione. Alla sua morte tutti i documenti relativi vennero
trafugati ma oggi una parte di essi è citata in un documento governativo
USA, declassificato nel 1980, circa una non meglio precisata “arma ad
elettroni”. Alcuni documenti sono accessibili anche in forza del Freedom
of Information Act. Questa tipologia di armamenti ha parecchi tratti in
comune con alcune armi Laser. Il principio è quello di lanciare contro
il bersaglio un “proiettile virtuale” di energia, composto da materia
elettricamente carica attraverso un processo di ionizzazione dell’aria.
Tale meccanismo è stato approfondito presso il DARPA (Defence Advanced
Research Projects Agency, Agenzia per la ricerca e l’innovazione
tecnologica del Dipartimento della Difesa USA). Armamenti di questo tipo
sono in fase di avanzata sperimentazione anche da parte delle Forze
Armate israeliane e australiane.
Il suo funzionamento si basa
sull’emissione di un impulso laser ad infrarossi (mediante l’impiego di
un deuterium fluoride Laser). L’applicazione letale di questa tecnologia
è generalmente nota come Pulsed Impulsive Kill Laser (PIKL). Il
dispositivo, ha dimostrato la sua efficacia in diversi test, riuscendo a
perforare anche armature in Kevlar e lastre di metallo. La versione
“non letale” del PIKL va sotto il nome di Pulsed Energy Projectile
(PEP). Questo dispositivo è in grado di stordire uomini e animali,
causando forti dolori e temporanea paralisi. La documentazione sui
possibili effetti a lungo termine provocati dall’arma è però
insufficiente.
Il principale ambito di applicazione
previsto per il PEP viene indicato in scenari di controllo dell’ordine
pubblico. Un’altra delle applicazioni possibili è quella di presidio dei
check point. Un’arma simile potrebbe cambiare le consuete regole di
ingaggio. Fra l’altro, un dispositivo che non lascia segni, né prove
dell’aggressione potrebbe essere usato a discrezione dell’operatore con
la massima libertà, senza timore di ripercussioni legali. Una simile
arma potrebbe anche essere in grado di bloccare i veicoli in quanto il
suo impulso elettromagnetico interferirebbe con i sistemi elettronici di
iniezione. Il raggio d’azione del PEP è di circa 2 chilometri. In linea
generale occorre precisare che lo sviluppo di questo tipo di armi
appare problematico, data la grande potenza dell’emissione
elettromagnetica richiesta. La focalizzazione delle onde radio richiede
inoltre l’uso di antenne di grandi dimensioni poco maneggevoli e
facilmente vulnerabili alle armi da fuoco efficaci invece da distanze
operative molto maggiori di quelle del PEP.
Armi a microonde
L’uso di armi a microonde è stato
ipotizzato immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale per il loro
forte impatto negli organismi viventi. I primi a sperimentare le
microonde furono i sovietici. Fonti CIA riportano un episodio che aprí
la strada agli studi americani sulle microonde e sui loro possibili
impieghi bellici: dal 1970 in poi, l’ambasciata americana a Mosca, a piú
riprese, fu oggetto di un’insolita quanto pericolosa “sperimentazione”.
I servizi segreti sovietici misero in atto un piano a lungo termine
volto a minare l’integrità del personale diplomatico e il suo livello
operativo. A causa di un’esposizione prolungata a microonde di bassa
intensità i diplomatici americani subirono pesanti danni fisici e
psichici. Oltre all’insorgenza di diverse forme tumorali vennero
documentati anche diversi casi di patologie di ordine psicologico e in
particolare cognitivo. È noto che i tessuti umani possono essere
danneggiati dalle microonde in modo differente a diversi livelli di
intensità. Active Denial System o “raggio del dolore” L’ADS è in grado di indirizzare un fascio di microonde ad altissima frequenza verso un bersaglio determinato. Il cosiddetto Pain Ray è classificato fra le “armi non letali” in quanto il fascio irradiato a 93 GHz penetra sotto la cute soltanto per alcuni millimetri e agisce sulle terminazioni nervose dando luogo ad
un’intensissima sintomatologia dolorosa. Nel giro di 1 o 2 secondi chi viene colpito dal raggio ha la netta sensazione di bruciare vivo. L’insopportabile sensazione dolorosa però svanisce non appena si spegne il dispositivo o si esce dal suo raggio d’azione. Ufficialmente lo scopo di tale strumento bellico sarebbe quello di distogliere qualsiasi nemico dal compiere azioni ostili. Gli utilizzi tattici delle armi a microonde sono elencati in diversi documenti ufficiali e una delle applicazioni piú frequentemente citate riguarda il controllo delle folle e l’ordine pubblico.I dispositivi suddetti possono essere stanziali oppure mobili, montati su veicoli militari tipo Humvee. L’ADS, Active Denial System può essere montato anche su aerei. Come confermato da alcune fonti l’ADS non ha la funzione di distruggere persone o cose, serve per garantire l’ordine pubblico, tuttavia c’è sempre la possibilità di aumentarne la potenza qualora se ne presenti la necessità.
E-Bombs, Electromagnetic Pulse, High Powered Microwave (HPM)
Si tratta di ordigni progettati in modo
tale da sfruttare uno dei side-effects delle esplosioni nucleari
producendo impulsi elettromagnetici di elevatissima potenza compresi in
un range dai 4 ai 20 GHz. Le onde comprese in tali frequenze, infatti,
sono capaci di danneggiare irrimediabilmente un gran numero di apparati
elettrici ed elettronici, se privi di adeguate protezioni, mentre è
praticamente nullo su persone e cose, eccezion fatta per quelle piú
prossime alla zona dell’esplosione.
Tale arma, in zona di guerra, può servire a distruggere sistemi
informatici, telefonici, elettrici e radiotelevisivi del nemico. Il
fenomeno avviene senza che l’esplosione dia luogo a danni fisici
considerevoli: i dispositivi di questo tipo, infatti, liberano la
propria energia nell’atmosfera, senza produrre fenomeni sonori o visivi
di straodinario impatto.
Russia e Stati Uniti risultano essere le
potenze militari piú avanzate da questo punto di vista. Soprattutto
l’esercito russo disporrebbe di un variegato arsenale di E-bombs che
vanno dalla versione portatile, dalle dimensioni di una valigetta alle
versioni piú pesanti, che necessitano di un aereo per essere sganciate
sull’obiettivo. In anni recenti (2000) anche una potenza in via di
sviluppo come l’India, ha fatto i primi test su simili armamenti
(progetto Kali 5000 – Kilo-ampere linear injector). Tutto ciò deve far
riflettere sulle possibilità di una catastrofe sociale e tecnologica:
l’esplosione di simili dispositivi, infatti, può paralizzare
completamente e in pochi istanti una nazione tecnologicamente avanzata.
Basti pensare, per esempio, a città, a intere metropoli e regioni dove
tutti i servizi essenziali sono controllati elettronicamente:
un’esplosione di tipo HPM bloccherebbe la produzione di energia, la
distribuzione dell’acqua, le comunicazioni, i trasporti, etc… Ben piú
rilevanti invece sarebbero gli effetti sulle telecomunicazioni.
Armi acustiche
Si tratta di armi che impiegano un fascio
di onde ultrasoniche in grado di trasportare una quantità considerevole
di energia che può interagire con il corpo umano. I fasci ultrasonici
di frequenza adeguata possono mettere in risonanza gli organi
dell’equilibrio, provocando vertigini o nausea, o l’intestino,
provocando fastidiosi effetti collaterali. È bene non dimenticare
tuttavia che la nuova generazione di armi acustiche, spesso soltanto
irritanti, può essere
capace di generare onde traumatiche di 170
decibels in grado di rompere organi, creare cavità nel tessuto umano e
causare traumi da onde d’urto che sono potenzialmente letali.
È noto che gli scienziati nazisti avevano
costruito un “cannone ultrasonico” in grado di abbattere un aereo.
Diverso è il caso di un dispositivo sviluppato e sperimentato per il DoD
statunitense e chiamato “barriera ultrasonica” che emette intorno ad
un’area localizzata fasci di ultrasuoni che provocano effetti sempre piú
gravi via via che ci avvicina alla sorgente. Lo svantaggio è che la
potenza di un’arma ad ultrasuoni, a differenza di quella di un
proiettile, decresce con il quadrato della distanza dall’obiettivo ed è
quindi inutilizzabile contro un nemico sufficientemente distante.
Le armi “a colla”
Il fucile “lancia-colla” è in dotazione
ad alcuni corpi di polizia metropolitana negli USA ed è stato usato
dalle truppe americane durante l’operazione Restore Hope in Somalia nel
1995. Si tratta di un dispositivo ad aria compressa che lancia fino ad
una distanza di qualche decina di metri un liquido che, nel giro di
alcuni secondi, solidifica bloccando completamente i movimenti della
persona colpita. La vittima viene successivamente liberata cospargendola
di un idoneo solvente. La colla ha la caratteristica di essere
permeabile ai gas, anche dopo essere solidificata e ciò garantisce a chi
viene colpito di continuare a respirare agevolmente. Le autorità
militari garantiscono che sia la colla che il solvente sono del tutto
atossici. L’arma ha tuttavia il difetto di essere ingombrante, pesante,
difficile da maneggiare e con un numero estremamente limitato di
munizioni. Il limite piú grande tuttavia è dato da una gittata corta, di
gran lunga inferiore a quello della piú piccola arma da fuoco
convenzionale. In pratica un’arma di questo tipo appare di ben scarsa
utilità.Le “barriere adesive” sono invece costituite da bande di tessuto di fibra di vetro ricoperte di un potente adesivo che polimerizza quasi istantaneamente sotto un carico di qualche decina di kg. Una volta fissate al suolo, bloccano, incollandoli al terreno, sia chi le calpesti a piedi, sia le ruote di un automezzo. Le barriere adesive sono state concepite come alternativa non letale ai campi minati ed alle barriere di filo spinato per la difesa di aree limitate di territorio. Anch’esse sono state usate dalle truppe USA in Somalia, tuttavia, si sono mostrate completamente inefficaci potendo ovviamente essere facilmente neutralizzate con lo spargimento di sabbia, terra o qualsiasi altro materiale.
Alcune valutazioni etiche
Al di là dei facili entusiasmi per le accresciute capacità difensive (e inevitabilmente offensive) tutte le armi appaiono risolutive fino a quando i potenziali avversari non dispongono a loro volta delle stesse possibilità. In tal caso si perde sia l’effetto deterrente, sia il vantaggio tattico che l’arma garantiva. Qualunque vantaggio, per quanto grande, prima o poi è destinato ad essere colmato, pertanto la domanda che sorge inevitabilmente è: quale potrebbe essere lo scenario operativo nel caso in cui entrambe le parti in conflitto dispongano delle stesse tecnologie? In caso di conflitto (asimmetrico o no) quali garanzie possono essere fornite contro l’eventualità che armi cosí pericolose e potenzialmente disumane, concepite per essere “non letali”, non vengano invece utilizzate in modalità letale? In questo caso le conseguenze potrebbero essere di gran lunga peggiori di quelle di un conflitto condotto solamente con armi convenzionali. Per quanto si tratti della scelta comunque nefasta fra l’uccidere o l’essere uccisi è sicuramente meno disumana un’arma da fuoco rispetto ad un’arma a microonde o ad un laser di elevata potenza, per tacere di armi come quelle al plasma e ad impulsi (PIKL) se usate in modalità letale. L’introduzione di qualsiasi innovazione tecnologica non deve far dimenticare che il dispiegamento sul teatro operativo di armi non letali può comportare conseguenze non sempre prevedibili. Nel caso delle armi inabilitanti, inoltre, l’aspetto innovativo investe non solo la dimensione tecnica, ma anche l’aspetto culturale in senso lato. In realtà alcuni metodi non letali potrebbero essere considerati, paradossalmente, ancora più odiosi ed intollerabili di una decimazione o di una rappresaglia con metodi tradizionali, in quanto la sensibilità individuale a certi metodi, specie di controllo o limitazione della libertà, è altamente variabile da uomo a uomo, da etnia a etnia, da ambiente ad ambiente, da situazione a situazione. Gravi preoccupazioni desta il connesso commercio delle armi, una giungla dominata esclusivamente dagli interessi economici e in cui la corruzione è una costante a dispetto degli asseriti “controlli governativi”. Lo sviluppo di nuove armi purtroppo costituirà una minaccia ulteriore. Purtroppo gli Stati, con i loro intangibili segreti e la loro diplomazia poco lungimirante, sono spesso i primi attori del traffico delle armi presentandosi tanto in veste di produttori quanto di clienti. I risultati della scienza e le sue possibili applicazioni, è risaputo, sono sempre stati al centro dell’interesse politico e militare, per questo urge un controllo democratico su ciò che avviene nei centri di ricerca, nei laboratori e nelle industrie.
La logica esasperata della
privatizzazione della conoscenza, clamorosamente evidente nella moderna
normativa sui brevetti, mette spesso a repentaglio non solo la salute
pubblica e la vivibilità dell’ambiente, ma anche la pace e la sicurezza
dell’intero genere umano. Occorre una saggia moderazione delle spese
militari insieme ad una strategia politica volta a favorire il benessere
dell’umanità e a garantire i delicati equilibri ecologici attraverso un
uso democratico della scienza e dello sviluppo tecnologico. Sono
obiettivi ideali ma pur sempre realizzabili attraverso un’accresciuta
consapevolezza collettiva dei rischi insiti nell’attuale processo di
globalizzazione. È dovere della comunità scientifica e delle persone di
cultura contribuire a far divenire coscienza comune l’idea che la pace
nasce solo dalla prevenzione dei conflitti, tramite accordi che
risultino accettabili ad entrambe le parti, non dalla vittoria di una
parte o dal possesso di armi che possano imporre la pace: il sogno di
Nobel ed Einstein dell'”arma che ponga fine alle guerre” si è dimostrato
finora irrealizzabile.
In ogni caso “le armi non sono mai assimilabili agli altri beni che possono essere scambiati sul mercato mondiale o interno. Certo, il possesso di armi può avere un effetto dissuasivo, ma le armi hanno anche un’altra finalità. Esiste, infatti, un rapporto stretto e indissociabile tra le armi e la violenza. È in ragione di questo rapporto che le armi non possono in nessun caso essere trattate come semplici beni commerciabili. Cosí pure, nessun interesse economico può da solo giustificare 1a loro produzione o il loro trasferimento: “Neanche qui la legge del profitto può ritenersi suprema”. Che il commercio delle armi coinvolga o no direttamente lo Stato, spetta a lui il dovere di vegliare che esso sia sottoposto a un controllo molto rigoroso. Infatti, è innegabile che “la vendita arbitraria di armi, soprattutto a paesi poveri, rappresenta uno degli attentati piú gravi alla pace”” (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica, LEV, Città del Vaticano 1994, 14).
In ogni caso “le armi non sono mai assimilabili agli altri beni che possono essere scambiati sul mercato mondiale o interno. Certo, il possesso di armi può avere un effetto dissuasivo, ma le armi hanno anche un’altra finalità. Esiste, infatti, un rapporto stretto e indissociabile tra le armi e la violenza. È in ragione di questo rapporto che le armi non possono in nessun caso essere trattate come semplici beni commerciabili. Cosí pure, nessun interesse economico può da solo giustificare 1a loro produzione o il loro trasferimento: “Neanche qui la legge del profitto può ritenersi suprema”. Che il commercio delle armi coinvolga o no direttamente lo Stato, spetta a lui il dovere di vegliare che esso sia sottoposto a un controllo molto rigoroso. Infatti, è innegabile che “la vendita arbitraria di armi, soprattutto a paesi poveri, rappresenta uno degli attentati piú gravi alla pace”” (PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Il commercio internazionale delle armi. Una riflessione etica, LEV, Città del Vaticano 1994, 14).
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