"Farai un'arca di legno d'acacia; la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la sua larghezza di un cubito e mezzo e la sua altezza di un cubito e mezzo. La rivestirai d'oro puro sia dentro che fuori; le farai al di sopra una ghirlanda d'oro, che giri intorno. Fonderai per essa quattro anelli d'oro, che metterai ai suoi quattro piedi: due anelli da un lato e due anelli dall'altro lato. Farai anche delle stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Farai passare le stanghe negli anelli ai lati dell'arca, perché servono a portarla. Farai anche un propiziatorio d'oro puro (un coperchio); la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo e la sua larghezza di un cubito e mezzo. Alle due estremità metterai due cherubini d'oro lavorati al martello. In modo che le loro ali spiegate in alto coprano il propiziatorio e la faccia rivolta l'uno verso l'altro e verso il propiziatorio. Lì io mi incontrerò con te; dal propiziatorio, fra i due cherubini parlerò e ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i figli d'Israele. (Esodo 25,10)”
L’Arca dell’Alleanza, uno degli oggetti più sacri, più misteriosi e al
tempo stesso più ricercato. L'Arca dell'Alleanza era il recipiente nel
quale Israele aveva riposto le Tavole della Torah, dopo averle ricevute
sul monte del Sinai. Su di loro erano incisi i Dieci Comandamenti.
L'Arca fu trasportata per tutti i 40 anni di viaggio nel deserto, e
accompagnò Israele durante i lunghi anni di conquista della Terra
Promessa, fino a venire posta nel Tempio costruito dal Re Salomone. Si
trattava di una cassa lunga 110 cm circa di lunghezza per 67 cm di
larghezza e profondità.
La costruzione dell'Arca ricorda il principio dei condensatori elettrici, due conduttori separati da un isolante.
Costruita con legno di acacia e rivestita d'oro, in modo analogo ad
altre casse rivestite d'oro rinvenute in Egitto, veniva posta in una
zona secca dove il campo magnetico naturale raggiunge in genere 500 o
600 Volt per metro verticale, in modo da caricarla attraverso la
ghirlanda d'oro che la circondava; in pratica l'arca si comportava come
un condensatore.
Era comunque un generatore di forze sconosciute, non controllabili,
mortali. Tanto che gli israeliti dovevano stare per legge a circa un
kilometro di distanza durante la movimentazione da parte di quei pochi
eletti che avevano accesso a questo stupefacente manufatto. i leviti.
A chiunque altro era vietato toccarla; quando Davide fece trasportare
l'arca a Gerusalemme, durante il viaggio un uomo di nome Uzzà vi si
appoggiò per sostenerla, ma cadde morto sul posto
Forze così potenti da aiutare gli israeliti alla conquista della
Palestina durante le sanguinose campagne di conquista di Giosuè nelle
quali compare la presenza diretta del dio degli ebrei: Yahweh. Una
presenza forse non solo simbolica, ma un vero e proprio supporto
militare e tecnologico offerto da un soggetto così importante da essere
ritenuto il “divo”, il “dux”, termine successivamente storpiato in “dio”
e abbinato alla trascendenza e alla spiritualità. Trascendenza e
spiritualità che poco centrano con il significato originale della parola
che invece rappresenta un modello da seguire, o meglio ancora, il punto
di riferimento per il popolo ebraico. Yahweh appunto.
L’Arca dell’Alleanza era pertanto un generatore di energia, o parte di
un sistema ancora più complesso di produzione massiva di energia.
Energia che poteva essere usata come arma (Gerico), come strumento di
telecomunicazione (i dialoghi tra Mosè e Yahweh) e per altre svariati
utilizzi.
La prova del suo potere sta nella lettura delle istruzioni per la
costruzione del Tabernacolo, la Tenda del Convegno dove veniva custodita
l'arca e delle precise regole per accedere al suo interno allo scopo di
proteggere le vite umane:
"...non entrare in qualunque tempo nel santuario, al di là della cortina, davanti al propiziatorio che è sull'Arca, altrimenti potresti morire, perché io apparirò entro una nube, sul propiziatorio. Vesti la sacra tunica di lino, metti sulla carne i calzoni di lino, cingi i fianchi di una cintura di lino, e copri la tua testa con una tiara di lino... lava prima la tua carne con l'acqua e poi vestiti." (Esodo 26)
La prima volta che l’Arca compare nella Bibbia avviene in Esodo, con
Mosè che guida il proprio popolo fuori dall’Egitto portando con sé
questo incredibile manufatto. Esodo che secondo la tradizione
giudaico-cristiana sarebbe stato scritto da Secondo la tradizione
ebraica e molte confessioni religiose cristiane più legate alla lettera
del testo biblico, il libro dell'Esodo sarebbe stato scritto da Mosè in
persona.
Nonostante i pareri discordi tra gli egittologi, l’esodo biblico può
forse collocarsi con buona probabilità durante il regno di Ramses II, al
più tardi sotto il regno del figlio, Merenptah. Se la presenza degli
ebrei, chiamati apiru dagli antichi egizi, è attestata già sotto il
regno di Thutmosis III, con l’avvento di Ramses II le notizie si fanno
più dettagliate: erano addetti al trasporto delle pietre per un tempio
citato nel Papiro 348 di Leida e compaiono anche nel Papiro Harris.
Alcuni di essi esercitavano anche la professione di fabbricanti di
mattoni, come raccontato in Esodo. A differenza del testo biblico
mancano però notizie di loro proteste o ancor più di ribellioni. Nessuna
fonte egiziana finora in nostro possesso parla di un esodo o di più
uscite dall’Egitto.
Non possiamo dimenticare che la radice del nome Mosè è di origine
egiziana, derivando dalla parola egizia moses che significa “figlio,
fanciullo”, formula abbreviata che ritroviamo nei nomi di faraoni quali
Thut-mosis (“figlio di Thot”), Ramses (Ra-Moses “figlio di Ra”), etc. e
non dalla radice ebraica mashah che significa “trarre fuori”, da cui
erroneamente mosheh “salvato dalle acque”. Ciò è stato addotto come
prova alla tesi freudiana secondo la quale Mosè in realtà sarebbe stato
un condottiero egiziano altolocato che solo la leggenda giudaica
posteriore avrebbe reso di origine ebraica, mentre la tribù di Levi a
cui, secondo la Bibbia, apparteneva, sarebbe stato il suo gruppo di
fedeli accompagnatori, formato appunto da scribi e servitori
Un altro famoso autore, il filosofo greco giudaico Filone, contemporaneo
di Gesù, e iniziatore della tradizione esegetica di Alessandria, ci ha
lasciato un utilissimo resoconto su ciò che Mosè imparò a corte:
“Aritmetica, geometria, la scienza del metro, ritmo e armonia, gli furono insegnate dai più colti tra gli egiziani. Essi lo istruirono inoltre nella filosofia tradotta in simboli che si trova nelle cosiddette iscrizioni sacre”. Inoltre apprese dagli abitanti dei paesi vicini “le lettere assire e la scienza caldea dei corpi celesti”. Mosè potè approfondire lo studio dell’astrologia presso la stessa corte. Secondo Schurè, Mosè venne costretto da Ramses all’iniziazione sacerdotale per timore che il giovane aspirasse al trono. L’importante funzione di “scriba sacro del tempio di Osiride” allontanava dal trono ma comprendeva “la simbolica sotto tutte le sue forme, la cosmografia e l’astronomia”. L’istruzione presso il santuario lo avvicinava inoltre all’arca d’oro “che precedeva il pontefice nelle grandi cerimonie” e che racchiudeva “i dieci libri più segreti del tempio, che trattavano di magia e di teurgia”.
Come ha giustamente rilevato G. Hancock, il mistero del nome sacro
divino “Jahvè” affonda le proprie origini nella tradizione magica
egiziana. Il nome Jahvè deriva dal tetragramma YHWH, trascrizione latina
delle iniziali ebraiche della formula basata sul verbo essere “Io sono
colui che sono (e che sarò)”, che dovrebbe significare che Dio è il solo
veramente esistente. Il nome divino considerato sacro e
impronunciabile, viene sostituito durante la lettura dei testi ebraici
dal termine Adonai, “Signore”, termine che, per la notevole somiglianza
linguistica, alcuni studiosi hanno associato non solo ad “Adonis”,
divinità fenicia, ma anche al nome egizio Aton, il dio del culto
“monoteistico” del faraone Akhenaton.
Nel 1922, infatti, due linguisti, H. Bauer e P. Leander, dichiararono
che Adonai non era una parola semitica, ma un prestito “presemitico” di
provenienza ignota. Questa scoperta avallò la supposizione che tra
Adonai e Aton vi fosse qualcosa di più che una casuale affinità
fonetica. I seguaci di Freud poterono così ipotizzare che il nome di
Aton, divinità messa al bando dai sacerdoti di Amon dopo la morte del
faraone eretico, fosse entrata nella lingua ebraica sotto mentite
spoglie con il significato di “Signore”, ma con riferimento a una
divinità, anch’essa unica e assoluta (anche se, come riscontrato per il
culto del disco solare egizio, non sempre riconosciuto come un vero
monoteismo, anche il monoteismo ebraico si è affermato soltanto a
partire dal Deuteronomio).
Cercando di spiegare il nome Jahweh con lingue diverse dall’ebraico, è
stata anche ipotizzata un’origine madianita del nome e della divinità,
origine che sarebbe derivata dal suocero di Mosè, Ietro, sacerdote di
Madian, il luogo dove Mosè si era rifugiato dopo aver commesso
l’omicidio di un sorvegliante egiziano e dove avvenne la prima
rivelazione del roveto ardente.
L’interessante articolo di Enea Baldi “Le corna di Mosè”, apparso sul
numero di Rinascita del 27 marzo 2010, ci induce a riassumere per sommi
capi un’altra storia, a nostro avviso estremamente interessante,
relativa a quel particolare momento della mitologia ebraica noto come
“esodo” che, secondo la versione biblica, farebbe riferimento alla fuga
delle popolazioni ebraiche dall’Egitto dei faraoni alla ricerca, sotto
la guida di Mosè, della “terra promessa”, ad essi garantita in virtù di
un “patto” stipulato con il loro dio.
Si tratta di una storia puramente ipotetica, mancando in parte oggettivi
riscontri storicamente documentati, ma comunque decisamente verosimile –
ed in ogni caso più verosimile della maggior parte dei racconti biblici
ed evangelici, ai quali una quantità enorme di individui presta fede
pur in totale assenza di qualsiasi verifica storica, quando non
addirittura in aperta contraddizione con la storia stessa.
Per motivi di spazio ci limiteremo ad enunciare i fatti fondamentali,
fornendo la bibliografia essenziale per chi fosse interessato ad un più
approfondito esame dell’argomento.
Intorno al 1300 a.C. Akhenaton, passato alla storia come “il faraone
ribelle”, contrappone un culto monoteista a quello politeista in vigore
in tutto l’Egitto, forse continuando l’opera intrapresa da suo padre
Amenophis III; fonda una nuova capitale ad Amarna, a circa 200 km a sud
del Cairo; il popolo resta però in maggioranza fedele agli antichi dei.
Seguaci di Akhenaton e del nuovo ed unico dio Aton saranno una esigua
minoranza della popolazione egizia, alcune razze tipicamente africane e
la quasi totalità degli hyksos, i discendenti delle tribù semite che
intorno al XVII secolo a.C. avevano invaso il nord dell’Egitto
dominandolo per due dinastie, prima di essere definitivamente
sottomessi.
Dopo circa diciassette anni di governo Akhenaton scompare nel nulla e la
restaurazione politeista si accanisce contro di lui con una accurata
damnatio memoriae: quasi tutti i segni visibili del suo passaggio –
iscrizioni, sculture, documenti – vengono distrutti; la stessa città di
Amarna è rasa al suolo.
Secondo recenti ipotesi un’insurrezione della popolazione, guidata dal
clero tebano, costrinse il faraone eretico ad abbandonare l’Egitto per
stabilirsi in Palestina con tutti i suoi seguaci; a conferma di ciò
esiste una lettera nella quale il governatore di Gerusalemme fa
esplicito riferimento al divieto di abbandonare le terre dell’esilio.
La identificazione del faraone ribelle ed esiliato col Mosè biblico
dell’esodo ebraico appare estremamente logica; sono infatti facilmente
rintracciabili le numerose analogie storiche, circostanziali e
cronologiche tra i due personaggi.
In ogni caso Mosè, che fosse un fedelissimo di Akenaton o lo stesso
faraone “eretico”, era sicuramente un iniziato ai misteri avendo
ricevuto dai sacerdoti Egizi avanzate nozioni di chimica e fisica e, di
conseguenza, sapeva come realizzare qualsiasi marchingegno; grazie anche
a misteriosi strumenti di sconosciuta origine, dei quali si sono perse
le tracce, ma che sono stati menzionati in documenti accreditati e
venerati come scritture sacre, come per esempio il famoso "Shamir" di
cui abbiamo parlato in un nostro precedente articolo.
Per questo motivo, quando questi lasciò il paese portò con sé l’oggetto
più prezioso che avesse mai visto, suscitando la rabbia degli antichi
egizi che cercarono di riprenderselo, ma senza riuscirci. Il prezioso
manufatto era ormai nelle mani degli ebrei.
Già, perché sarebbe sbagliato ipotizzare la comparsa dell’Arca con Mosè,
in quanto “arche” esistevano anche in precedenza con le medesime
caratteristiche di quella più nota nella tradizione giudaico-cristiana.
Sempre che non ci si stia riferendo invece all’unico esemplare di questo
strabiliante oggetto passato di mano in mano attraverso i millenni.
c'è una cosa curiosa che riguarda quello che da alcuni è ritenuto il
faraone biblico . Nelle raffigurazioni della battaglia di Kadesh ad Abu
Simbel si può vedere che l'esercito di Ramesse II aveva all'interno del
proprio accampamento una tenda (esattamente come faranno qualche anno
dopo gli ebrei di Mosè) da cui partivano le invocazioni per gli dei.
Nella tenda sono raffigurati due avvoltoi con le ali che si guardano,
che riprende quasi la rafigurazione classica dell arca dell'Alleanza.
Così come questa raffigurazione di una “Arca” in stile ‘egiziano’:
Per cui Yahweh, fornendo le istruzioni di costruzione dell’Arca, non
stava offrendo a Mosè un “brevetto” innovativo, ma la possibilità di
riprodurre una copia di quella già in possesso degli Egizi e forse Mosè
decise a quel punto di sottrarre direttamente quella egiziana piuttosto
che doverne costruire una nuova.
Da dove venne portata via non è dato saperlo, ma una coincidenza può
aiutarci a individuare dove gli egizi conservassero e utilizzassero la
loro “Arca” di cui abbiamo già citato le sue capacità energetiche e il
suo comportamento equivalente a quello di un ‘condensatore’.
Il sarcofago di Cheope (dove in realtà non è mai stato trovato nessun
resto del faraone né tracce che la sala centrale della Grande Piramide
fosse in verità il suo luogo di riposo eterno) ha giustappunto le idonee
misure per contenere l’Arca egiziana che a questo appunto assume
realmente la funzione di uno dei principali componenti del sistema di
produzione energetico dell’antichità.
Il sarcofago di Cheope
Se è vero che l’Arca poteva essere un generatore elettrico, o di un
altro tipo di energia sconosciuta, capace di produrre terribili scariche
da circa 700 volt allora la Piramide nella quale vi era introdotta
diventa di fatto una enorme centrale elettrica ante litteram.
Come funzionerebbe questo sistema? Per capirlo dobbiamo fare riferimento
al lavoro di ricerca portato avanti da Mario Pincherle nelle sue opere e
alla struttura interna della Grande Piramide e al pilastro Zed ivi
contenuto.
La cosa interessante è che, sia lo Zed che la vasca del sarcofago sono
in granito, un materiale che conduce elettricità, perché nel granito c'è
un'alta concentrazione di cristalli di quarzo, che come ben sappiamo
hanno proprietà piezoelettriche; infatti tutti gli oggetti elettronici
che conosciamo oggi contengono quarzo.
Quindi l'Arca (generatore) in oro, veniva messa al suo posto, nella
vasca del sarcofago in granito, che azionandosi conduceva l'energia a
tutto lo Zed anch'esso in granito, che amplificava la forza, il tutto
aiutata dal Piramidion in oro in cima alla piramide che attraeva
ulteriore energia dall'alto, probabilmente direttamente dalla ionosfera
esattamente come Tesla avrebbe riscoperto millenni dopo. Il tutto poi
protetto dagli enormi blocchi interni ed esterni della piramide, che
guarda caso sono in calcare, un materiale isolante.
Cosa avevano capito gli antichi egizi? Cosa aveva capito Nikola Tesla nei primi anni del ‘900?
Avevano capito che la cavità Terra-ionosfera può essere considerata come
un grande condensatore elettrico le cui armature sono costituite da due
sfere concentriche, la Terra e la ionosfera. La carica di questo
condensatore rimane approssimativamente costante nel tempo. La
condizione di equilibrio elettrostatico del sistema è garantita dai
meccanismi fisici che consentono la continua rigenerazione del campo
elettrico. Questi meccanismi sono i responsabili di gran parte del
rumore elettromagnetico che si osserva sulla superficie terrestre e che
permea l'intera cavità. Per mantenere carico questo condensatore è
necessaria una potenza dell'ordine di 400 MW.
In condizioni di bel tempo il campo elettrico in prossimità della
superficie terrestre ha un valore medio di circa 120 V/m a cui
corrisponde una densità superficiale di carica di -1.2 pC/m2. Integrando
questo valore su tutta la superficie terrestre si ottiene la carica
totale negativa della Terra di 0.5 MC. Una carica uguale e di segno
opposto è ovviamente presente sul bordo della ionosfera. Il campo
elettrico atmosferico decresce esponenzialmente con la quota, a 10 km il
campo si riduce a 5 V/m, a 30 km il campo è di soli 0.3 V/m. Integrando
il campo elettrico dalla superficie terrestre fino alla ionosfera si
ottiene la differenza di potenziale esistente tra Terra e ionosfera che è
di circa 300 kV. Nell'atmosfera fluisce una corrente verticale la cui
densità è di circa 2 pA/m2, integrando tale valore della densità di
corrente su tutta la superficie terrestre si ha una corrente totale di
circa 1350 A che scorre tra la ionosfera e la superficie terrestre.
Questa corrente di scarica è dovuta alla presenza di cariche elettriche
che rendono l'atmosfera leggermente conduttrice. Alle quote basse la
sorgente principale si trova sulla superficie terrestre.
Tesla capì come potere utilizzare questa inesauribile fonte di energia.
In vari testi, Tesla spiegò, che la Terra stessa si comporta come un
circuito LC risonante, quando è eccitato elettricamente a certe
frequenze. A Wardenclyffe operò a frequenze che variano da 1 000 Hz a
100 kHz. Tesla trovò l'intervallo di frequenza tra 30 – 35 kHz, essere
molto economico. L'eccitazione di risonanza di terra vicino ad una
frequenza fondamentale (approssimativamente 7.5 a 7.9 Hz), suggerirebbe
l'utilizzazione di quello che ora è noto come modo di risonanza di
Schumann.
La terra intera può essere risonata elettricamente con una singola fonte
del secondo tipo, così un sistema basato su una risonanza di terra
richiederebbe, al minimo, che venga costruita solamente una struttura
generatrice. Alternativamente potrebbero essere costruiti due distanti
installazioni di generatori di primo tipo. Tale sistema non sarebbe così
dipendente dall'eccitazione del modo di risonanza di terra. In ambo i
casi sarebbe utilizzata un'onda di superficie o di terra, simile
all'onda di Zenneck. Sarebbero utilizzate correnti di terra
artificialmente indotte. Secondo Tesla, la grande area di sezione a
croce del pianeta offre un percorso di resistenza basso per il flusso di
correnti di terra. Le più grandi perdite sono adatte a verificarsi nei
punti dove impianti emettenti / riceventi e dedicate stazioni riceventi
sono connesse con la terra.
Questo è il motivo per cui Tesla affermò,
"Vedi, il lavoro sotterraneo è una delle parti più costose della torre.
In questo sistema, che io ho inventato, è necessario per la macchina
trovare una presa di terra, altrimenti non può scuotere la terra. Deve
avere una presa sulla terra, così che l'intero globo possa vibrare e per
fare ciò è necessario eseguire una costruzione molto costosa."
Per chiudere il circuito un secondo percorso sarebbe stabilito tra i
terminali di alta-tensione elevati dei due impianti di primo tipo
attraverso i rarefatti strati atmosferici sopra le cinque miglia. Il
collegamento sarebbe fatto da una combinazione dell'induzione
elettrostatica e conduzione elettrica attraverso il plasma.
Mentre un numero dei suoi brevetti senza fili, incluso "l'apparato per
emettere energia elettrica" Brevetto Americano N. 1,119,732, del 1
dicembre 1914 descrive un sistema che usa lo schema di
plasma-conduzione, il suo "Arte di emettere energia elettrica attraverso
il mezzo naturale" Brevetto Americano N. 787,412, del 18 aprile 1905 ed
alcune delle sue note di disegno di Wardenclyffe da 1901 mostrano che
lui aveva anche un piano per indurre elettrostaticamente oscillazioni
nel potenziale associate con l'auto-capacità di Terra trasferendo
rapidamente grandi quantità di carica elettrica tra la grande capacità
degli strati superiori e l'auto-capacità della Terra intera. Noi, ora,
sappiamo che la terra è un corpo carico, in seguito a processi -almeno
in parte- relativi all'interazione tra il fascio continuo di particelle
cariche chiamate vento solare, che fuoriesce dal centro del nostro
sistema solare e la magnetosfera della Terra.
E noi sappiamo anche che la stima della capacità di Tesla era corretta:
la capacità della Terra è di circa 710 #956;F. "Ma gli strati superiori
dell'aria sono conducenti e così, forse, lo è il mezzo nello spazio
libero oltre l'atmosfera e possono contenere una carica opposta. Così la
capacità dovrebbe essere incomparabilmente più grande."
Noi sappiamo, ora, che uno degli strati superiori dell'atmosfera della Terra, la ionosfera è conducente.
"In ogni caso è della più grande importanza avere un'idea di quanta elettricità la Terra contenga."
Un'altra cosa, di cui noi ora siamo consapevoli è che la Terra possiede
una carica negativa esistente in natura riguardo alla regione che
conduce dell'atmosfera, che comincia ad un'altezza di circa 50 km. La
differenza potenziale tra la terra e questa regione è sull'ordine di 400
000 volt. Vicino alla superficie della terra c'è una campo elettrico
diretto decrescente ed onnipresente di circa 100 V/m. Tesla si riferì a
questa carica come il niveau elettrico o livello elettrico.
"è difficile dire se noi mai acquisiremo questa conoscenza necessaria,
ma c'è da sperare di sì, ed ovvero, per mezzo della risonanza elettrica.
Se mai noi possiamo accertare a che periodo la carica della terra,
quando disturbata, oscilla rispetto ad un sistema oppostamente
elettrificato o circuito noto, noi certamente conosceremo un fatto della
più grande importanza, per il benessere dell'umanità. Io propongo di
cercare il periodo, per mezzo di un oscillatore elettrico o una fonte di
corrente elettrica alternata..."
Un'altra teoria su come la struttura da 200 kW senza fili funzionò
richiede che la propagazione era per mezzo di radiazione
elettromagnetica nella forma di onde di radio, anche nota come
radiazione Hertziana.
Dal resoconto stesso di Tesla, il suo sistema di risonanza di terra
funziona con la creazione di vibrazioni potenti nella naturale carica
elettrica della Terra. Secondo le sue scritture, la struttura aveva uno
scopo duplice. Lui aveva progettato più di quello che fu rivelato
inizialmente ad i suoi investitori. La sua stazione non solo poteva
trans-ricevere segnali di telecomunicazione, ma anche trasmettere
potenza elettrica su scala ridotta. Egli affermò,
"Si intende dare dimostrazioni pratiche di questi principi con un piano
illustrato. Appena completato, sarà possibile per un uomo di affari a
New York dettare istruzioni e vederle immediatamente apparire in
caratteri nel suo ufficio a Londra o altrove. Sarà capace di chiamare
dalla sua scrivania e parlare con ogni abbonato telefonico sul globo,
senza alcun cambio nell'attrezzatura esistente. Uno strumento poco
costoso, non più grande di un orologio, servirà al suo portatore per
sentire dovunque, su mare o terra, musica, canzone o discorso di un
leader politico, l'indirizzo di un uomo eminente di scienza o il sermone
di un ecclesiastico eloquente, trasmesso in un altro luogo comunque
distante. Nella stessa maniera ogni ritratto, carattere, disegno o
stampa può essere trasferito da un luogo ad un altro. Milioni di tali
strumenti possono essere controllati da un sistema di questo genere. Più
importante di tutto questo, comunque, sarà la trasmissione di potenza,
senza fili, che sarà mostrata su una scala grande abbastanza da essere
convincente."
Complessivamente, il sistema sembra simile ad una bobina di Tesla molto grande.
La bobina risuona solo se accoppiata ad un condensatore. Da
sola,costituisce solo una reattanza,ossia una resistenza per onde
alternate. Ed ecco che torna in auge l’Arca dell’Alleanza!
Per cui lo Zed non è nient’altro che una bobina di Tesla, accoppiata
all’Arca dell’Alleanza che fungeva da condensatore, entrambe inserite
nella Grande Piramide per produrre energia free sfruttando la differenza
di potenziale tra la terra e la ionosfera indotta dall’architettura
stessa della piramide, ma soprattutto grazie alla presenza del
Pyramidion d’oro sul vertice di quella che l’archeologia tradizionale si
ostina a definire come ‘la tomba di un faraone’.
Confronto tra la Wardenclyff Tower di Tesla e lo Zed egiziano
Possibile che gli antichi egizi avessero già scoperto tutte queste cose?
Possibile che fossero in possesso di tecnologie così avanzate?
O forse è più ragionevole pensare che quanto in loro possesso sia
soltanto una minima parte di un più ampio retaggio ottenuto da quelle
civiltà antidiluviane tradizionalmente collegate al mito di Atlantide?
Possiamo dunque ipotizzare che l’insieme di scienza, tecnologia,
conoscenza esoterica, alchimia e quant’altro posseduta dalle civiltà
antidiluviane sopravvisse al cataclisma conosciuto come Diluvio
Universale avvenuto circa dodicimila anni fa. Parte di quella tecnologia
fu tramandata attraverso gli Elohim biblici, di cui Yahweh fu uno degli
esponenti, alle società umane post-diluviane e gelosamente custodite da
una ristrettissima cerchia di ‘eletti’ poiché difficilmente
riproducibili con gli strumenti e le tecnologie concesse all’umanità ai
tempi.
Anzi, forse fu lo stesso Yahweh a contravvenire agli ordini di non
interferire con il percorso di evoluzione definito per gli uomini dagli
stessi Elohim offrendo al popolo da lui scelto delle tecnologie
proibite.
Sono convinto che continuando la ricerca sui collegamenti tra società
antidiluviane e post-diluviane saremo in grado di trovare nuove chiavi
di lettura per ricostruire il “Mosaico della Verità” di cui abbiamo a
mio parere tante tessere a disposizione, ma non ancora così ben chiaro
il quadro d’insieme per poterle incastrare nella maniera corretta.
Ci arriveremo…
Fonti:
Fonte: progettoatlanticus.net
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