Domenica 6 ottobre
L’ing. Beghelli, funzionario del Genio Civile di Belluno, tra i primi a svolgere l’incarico di Assistente governativo al cantiere della diga, passando per la strada che portava in località Pineda, riporta un resoconto preciso di quanto stava accadendo. La sede stradale era completamente sconvolta, fessurata in più punti, talvolta traslata rispetto alla sua sede originale, con avvallamenti tali da compromettere il transito, al punto che “……..sembrava di andare su di un campo”. Lunedì 7 ottobre
Le proteste del Comune di Erto raggiungono il Genio Civile di Udine, ma l’ingegnere capo, in una risposta alla Prefettura, sulla base di una relazione geologica del 1937 del Prof. Dal Piaz, dichiara che la conca rocciosa sulla quale sorge Erto è sicuramente solida e che “……….quanto sopra (……..) è sufficiente per togliere alla popolazione di Erto ogni preoccupazione”.
Corona Pietro Matteo su incarico del maestro Martinelli, risalì il M. Toc, notando notevoli cedimenti nel piano in località Pausa e lungo la strada. Visivamente si notavano, in corrispondenza della vecchia frana, dei sassi che rotolavano nel lago, per effetto del movimento sottostante descritto come “……….boati con conseguenti tremolii (…….) colpi sordi molto profondi come di qualcosa che crepasse e contemporaneamente il terreno scosso in senso verticale”.
Il sorvegliante della frana, Filippin Felice, lo stesso giorno notò, in una zona boscosa a ridosso del bacino, l’apparire di diverse fessure nel terreno che correvano parallele alla sponda del lago, lunghe una decina di metri e larghe un metro. Qualche ora più tardi, in compagnia dell’assistente De Prà, su incarico del geom. Rossi, fu perlustrata tutta la zona della frana, dalla quale numerose fenditure, di varia dimensione, si riproducevano di ora in ora. Fu a seguito di questo controllo che si decise lo sgombero del Toc, e la sera stessa iniziò il piano di evacuazione delle casere stagionali, su ordine dell’assistente Corona Marco, ordine limitato alla zona del Toc, ad esclusione delle frazioni di Pineda, Prada e Liron. La motivazione data era: “……….per precauzione………..”.
Dal paese di Casso, intanto, si potevano osservare a vista d’occhio i mutamenti della frana, che interessava sia la strada sia i prati sovrastanti il piano stradale. Fenditure e spaccature non si contavano più.
Martedì 8 ottobre
L’ing. Caruso parla a Violin, Capo del Genio Civile, dicendogli che l’accellerarsi degli spostamenti della frana non sono eccessivamente preoccupanti: un esperimento ha dimostrato che una eventuale onda potrebbe essere contenuta all’interno della diga ed uno svaso della diga comprometterebbe la stabilità della frana ma però……….. “Non c’è niente di allarmante (……) la pregherei di non spargere voci allarmistiche perché per quello che c’è di pericoloso abbiamo già provveduto”, intendendo per questo lo sfollamento delle casere relative al M. Toc.
Durante una rilevazione compiuta con i geometri in località Pineda, Corona Felice, notò che la frana si muoveva a vista d’occhio e che la preoccupazione toccava anche i tecnici addetti alla misurazione. Il terreno ormai continuava ad abbassarsi.
Mercoledì 9 ottobre
L’ing. Biadene scrisse una lettera all’ing. Pancini nella quale si descrivevano, in modo sommario ma preoccupante, gli eventi degli ultimi giorni e si consigliava un rientro anticipato a Venezia, dalla vacanza a New York, per prendere decisioni importanti con il Presidente e il Direttore Generale. La lettera si concludeva con un fatidico “Che Iddio ce la mandi buona”.
Poco dopo l’ing. Biadene parlò telefonicamente con il geologo dello Stato, Penta, che messo al corrente di quanto stava accadendo raccomandò la calma e di “……..non medicarci la testa prima di essersela rotta”.
Alle 17.00 ai Carabinieri fu ordinato di interdire il traffico per la diga.
Nel frattempo altre testimonianze si aggiungevano alle precedenti. Filippin Felice, ricorda di aver visto alberi che si inclinavano e che cadevano, sollevando zolle di terreno e radici, mentre De Marta Giuseppe notò che una crepa, intravista tre ore e mezza prima, si era mossa di quasi mezzo metro.
La sera del 9 ottobre l’autista che fece l’ultimo carico di legname dalla zona sgomberata confessò a Martinelli che non credeva di “…….farcela a tornare a Casso, dato lo stato della strada di sinistra”.
Savi Antonio, anch’esso autista, lavorò fino alle 21.00, quando per le ormai impossibili condizioni stradali, decise di smettere.
Chi rimase al suo posto di lavoro fu la centralinista della Telve Maria Capraro. Smise come al solito il suo turno serale alle ore 22, quindi abbassò la saracinesca dell’ufficio che si trovava duecento metri sotto il municipio. Tornò a casa, in via Roma 44, poco distante da esso giusto in tempo per salvarsi.
Alle 22.30 alcuni tecnici ed operai erano ancoraimpegnati in servizio straordinario ad ispezionare la frana con i riflettori……………. furono gliultimi bagliori di una notte cupa, di un disastro annunciato che si manifestò in tutte le sue drammaticheconseguenze.
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Un altra vergogna Italiana!
RispondiEliminaCiao,a presto
UNA TERRIBILE STRAGE ANNUNCIATA..MA VOLUTAMENTE RIMASTA INASCOLTATA..!
RispondiEliminaGRANDE ZAK,QUELLA POVERA GENTE SVENTURATA, NON VA' MAI DIMENTICATA..A QUEI TEMPI AVEVO NOVE ANNI,MA HO IMPRESSE NELLA MEMORIA QUELLE TERRIBILI IMMAGINI..!
Io qualche anno in meno ma mi ha molto colpito,paesi cancellati dalla faccia della terra per sporchi interessi.
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