fonte: Blogeko
Maria Ferdinanda Piva
Il cibo è come l’acqua: un diritto fondamentale dell’uomo, e non una merce. Dall’inizio dell’anno i prezzi dei generi alimentari sono inchiodati vicino ai massimi storici, a causa dei cambiamenti climatici che si ripercuotono sui raccolti e dei biocarburanti, con conseguenze pesantissime sia sui poveri del mondo sia sulla stabilità sociale.
In questo quadro si inserisce un elemento importante di cui ho sentito parlare pochissimo: il 50% della produzione cerealicola mondiale dei prossimi 5 anni è già stato acquistato dalle multinazionali del commercio alimentare alla borsa agricola di Chicago.
Queste società sono così in condizione di manipolare il prezzo del cibo fino al 2016. E secondo voi, lo faranno con intenti filantropici?
Ne ha parlato solo L’Unità (peraltro in poche righe), riassumendo una delle storture economiche evidenziate durante il convegno Ole (Otranto Legality Experience) che si è chiuso da pochi giorni.
Era dedicato all’analisi del legame fra la criminalità organizzata transnazionale, la globalizzazione e i mercati finanziari. Organizzazione a cura di Libera (don Ciotti) e Flare (Flare (Freedom legality and rights in Europe). Cito ancora da L’Unità:
Alcuni degli studiosi presenti a Otranto (…) calcolano che ogni giorno sul pianeta avvengano scambi monetari per 4.000 miliardi di dollari, di cui il 90% ha natura meramente speculativa, vale a dire non crea né investimenti né merci né lavoro. Inoltre il 60% delle transazioni avviene nei paradisi off-shore o comunque con modalità che minimizzano o annullano il prelievo fiscale.
Ecco,questo è il contesto in cui viene commercializzata già ora la metà dei cereali ancora da raccogliere fino al 2016. E’ come se le multinazionali che hanno “prenotato” i raccolti tenessero la nostra borsa della spesa dalla parte del manico. E non solo la nostra, per la verità…
Su L’Unità emergenza cibo al convegno Ole
Ole (Otranto Legality Experience) sul sito di Libera
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